Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Film carino, molto semplice. Breve, è reso ancora più breve dalle ingenti parti musicali. I tempi sono giusti in una commedia da cui risalta la satira contro certi uomini di cultura: pedanti; boriosi tanto quanto basta per nascondere i propri difetti; frustrati ma capaci sempre di ingannarsi in modo irrealistico, sognando e millantando obiettivi futuri, spesso senza concretezza; abituati a giustificare i propri insuccessi almeno attraverso la propria superiorità sul popolino (magra soddisfazione, ma comunque soddisfazione). Superiorità culturale che sarà anche reale, ma che non basta a mascherare i propri limiti: il protagonista è un parassita che vive alle spalle di gente che sarà sì inferiore culturalmente, ma che comunque si guadagna da vivere, e guadagna da vivere anche per lui, che non ne è capace, mascherandosi dietro quella supremazia che giustifica che altri sgobbino per lui, mentre lui si possa permettere di non sgobbare. Splendide sono le scene degli scrocconi intellettuali, il maestro di canto e la moglie, squattrinati tanto quanto elevati in apparenza: non pagano nessuno, e il maestro fissa le lezioni in casa d’altri proprio quando può farsi offrire un pranzo, con modi che della signorilità hanno solo la sembianza.
Sordi è splendido, specie nella sua tipica maschera, qui rivisitata in chiave non popolareggiante bensì colta (variazione ardua, che aumenta la valutazione delle sue eccelse capacità): l’egocentrico infantile e arrogante, che va avanti come un caterpillar nella realtà, superandone gli ostacoli e le critiche con la forza della propria volontà. Si attira lo scherno e la disapprovazione di molti, ma non accetta limiti, e si illude di essere un padreterno.
Bravi tutti gli altri, dal maestro di canto Majeroni a sua moglie Paola Borboni, al suocero Fabrizi, rivale perfetto nei panni del contraltare popolano, che fa capire quanto inopportune siano certe arie che si dà l’uomo di cultura quando siano slegate da un solido senso di realtà.
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