Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Probabilmente è vero, com'è stato scritto, che Mario Bonnard (che nel 1945 aveva diretto anche "Il ratto delle sabine" con Totò) non era un regista raffinato, ma qui sa giocare bene le sue carte, in una commedia con due primattori, Sordi e Fabrizi, che riescono a piazzare diverse situazioni divertenti. Tra i due, è in maggiore evidenza Sordi, allora nel suo periodo d'oro, con una serie di battute originate dalla sua smodata passione per il canto lirico, che lo portano a situazioni imbarazzanti, come quando cerca di duettare con il basso Giulio Neri o quando intona l'"Ivan" sul loggione, subito zittito dagli altri spettatori. Imperdibile il finale, quando Sordi non resiste alla tentazione di cantare l'ultima battuta attribuita al suo personaggio, ma che Verdi in persona aveva deciso di abolire, dopo il disastroso esito della prima rappresentazione. A merito del regista va ascritta la creazione del personaggio del patetico maestro di canto, interpretato da Achille Majeroni, ma anche la divertente macchietta del nonnetto, affidata a Turi Pandolfini (una specie di feticcio per il Sordi dell'epoca), sempre a caccia di qualcosa da mangiare, e ossessionato da tavoli e sedie con le gambe più lunghe, che cerca di livellare con una sega da falegname. Giudizio sintetico: sufficientemente divertente. (30 dicembre 2007)
Nella famiglia Biagi sono tutti macellai, tranne Rodolfo, il marito di Marina, l'unica figlia femmina, il quale studia per fare il cantante lirico. La situazione è mal tollerata dal capofamiglia Alessandro, anche perché si accorge che il maestro di canto, un anziano e scalcinato ex tenore, sta cercando di approfittare dell'ingenuo aspirante basso. Quando, però, Rodolfo esordisce in un'opera, nonostante lo scandalo che genera per avere cantato una parte tagliata della "Traviata", i parenti gli consentono di continuare gli studi.
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