Regia di Nanni Loy vedi scheda film
Un piccolo furfante che bazzica nel sottobosco della piccola corruzione per le pratiche burocratiche dei comuni cittadini, si trova catapultato al livello superiore della delinquenza, ma fa il passo più lungo della gamba, sia per i pericoli che incontra che per una cattiveria che non gli appartiene.
E' un film caleidoscopico su Napoli e il sottobosco di Napoli, tra poveracci, piccoli delinquenti, malaffare, innocenti vessati, e usanze tipicamente napoletane. E' una pellicola di attori, di situazioni, di personaggi, ben gestiti e amalgamati dal regista. Tuttavia la regia di Nanni Loy, in senso tecnico, è semplice e funzionale al racconto. Ma neppure ha senso chiedere di più in un film di questo tipo. Tant'è che l'insieme è sicuramente riuscito.
Le situazioni in cui si imbatte il povero protagonista sono davvero tante e varie, e vengono rappresentate dal regista con fantasia e adesione alla realtà napoletana. Il tono è tragicomico, in un felice equilibrio tra ironia, umorismo, dramma, e paradosso. Viene sempre evitata la farsa, il che per un film napoletano al 100% costituisce un gran pregio. Si ride spesso, ma a denti stretti, perché è solo l'ironia di Loy a suscitare il riso, e non la situazione in sé, che magari non sarebbe affatto divertente. Il meccanismo della risata scaturisce spesso dall'aria del tutto spaesata e insicura che ha il protagonista, catapultatosi senza riflettere in un mondo che gli è sconosciuto, più grande e più cattivo di lui. Le estorsioni, i ricatti, le intimidazioni a base di bombe e sfregi sulle guance sono troppo per un piccolo imbroglione, prima abituato solo a ungere le ruote della burocrazia in cambio di qualche soldo. A proposito, ho trovato davvero buona l'interpretazione di Giancarlo Giannini, che non esce mai dalle righe e fugge gli eccessi, al contrario cioè di quanto fa quando è diretto dalla Wertmüller. Qui la sua interpretazione mi ha convinto appieno, che definisrei uno dei pilastri su cui si regge il film. Brava anche Lina Sastri (che tra l'altro canta le bella canzone "Assaje").
Il personaggio di Picone, che a poco a poco si delinea, è eccessivo e assieme pienamente verosimile: un uomo dalla doppia vita e dalla doppia faccia, dove la famiglia e la rispettabilità esteriore sono solo una maschera senza niente dietro. Il vero Picone è quello che taglieggia i negozianti, fa il correire della droga, gestisce scommesse clandestine, sfrutta le prostitute, ha l'amante, e un'altra quantità delinquenza che viene solo accennata (i soldi che riceve), ma non si sa in cosa consista.
In generale, è un film movimentato (la trama non si ferma un attimo) e affollato (quasi dappertutto c'è tanta gente), che si segue con piacere e interesse. Tuttavia Loy sbaglia secondo me il finale, che proprio perché finale rimane di più sullo stomaco (e lo paga qui con mezza stelletta in meno). Voleva chiudere il cerchio, ma il compasso gli sfugge di mano e ne esce un piccolo scarabocchio. Perché di nuovo l'ambulanza? Se all'inizio aveva un senso, qui non ne ha. E perché la terribile nausea del personaggio di Giannini, quando il suo stato d'animo andava espresso in altri modi più consoni? Anche il comportamento di lei gira a vuoto.
Lo scivolone c'è solo perché si è voluto chiudere il cerchio a tutti i costi, quando un finale "normale" avrebbe funzionato molto meglio.
Ciò non toglie che è un film da vedere e da gustare, che fa vedere il male con ironia ma non con cinismo, e che sfrutta al meglio le potenzialità dei protagonisti.
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