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Mi manda Picone

Regia di Nanni Loy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mi manda Picone

di scandoniano
8 stelle

Pasquale Picone è un uomo comune: vita apparentemente tranquilla, con la moglie (Lina Sastri) e tre figli, una bella casa ed un lavoro da metalmeccanico. Quando per rimostranze Picone, proprio nell’incipit del film, si dà fuoco e viene portato via in ambulanza, la Napoli più caotica e distruttiva mai raccontata al cinema inghiotte il suo corpo e la moglie, insieme al clochard gentile ed ingenuo Salvatore Cannavacciuolo (Giancarlo Giannini), lo cercano per tutta la città. Picone sembra un fantasma: ma un fantasma dalla vita tutt’altro che comune. Con la sua scomparsa, Cannavacciuolo, a propria insaputa, finisce per sostituirlo, “al lavoro” come a casa: si renderà conto che la mossa di Picone è stata un’opera di redenzione per sé e per i suoi cari. Ed il finale, con Giannini in ambulanza che anziché scappare apre le porte del veicolo alla Sastri, dimostrando di voler rinunciare alla “sua” occasione di redenzione, è la degna conclusione di un film che Nanni Loy sa mettere in scena in maniera ancora una volta magistrale.
A parte Loy, sardo ma napoletano ad honorem e Giannini che grazie allo stesso regista e la Wertmuller ha parlato più napoletano che ligure, il film è una cartolina napoletana: aldilà della Sastri, ci cono dentro tutti i caratteristi più famosi del cinema italiano della Napoli degli anni ’80: da Allocca a Rutigliano, da Faraco a Di Pinto, le nefandezze, ma anche le bellezze della capitale partenopea sono sciorinate con grande maestria ed un’ironia che ha pari solo nei film diretti da Luciano De Crescenzo.

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