Regia di F.W. Murnau vedi scheda film
Ottimo film muto dell'autore del "Nosferatu" (1922): la potenza delle immagini è tale, che Murnau non si avvale nemmeno delle didascalie, usate soltanto due volte, all'inizio e alla fine del film. La padronanza del mezzo espressivo evidenziata in questo film fece scuola, con i movimenti di macchina che spesso e volentieri sostituiscono quelli degli attori, suggerendo degli stati d'animo al di là dell'intrinseca espressività degli interpreti stessi (valga per tutte la sequenza dell'ubriacatura del protagonista, descritta mediante l'oscillazione pendolare della macchina da presa). L'unico difetto del film sta in un lieto fine posticcio e appiccicato col vinavil, ma a discolpa del regista va detto che una didascalia avverte lo spettatore che il film doveva ritenersi concluso prima dell'insperata eredità che trasforma il protagonista in un miliardario (qui si usa l'espediente di dire che "il regista si è impietosito di lui..."). Per descrivere il film basti dire che la trama ricorda (anzi, viste le date, anticipa) "Umberto D." (1952) di De Sica, "Vivere" (1952) di Kurosawa e, in alcuni momenti, soprattutto nel finale, alcune sequenze di "Luci della città" (1931) di Chaplin.
Un anziano portiere d'albergo è orgoglioso della propria livrea gallonata, che gli procura il rispetto di parenti e vicini di casa. Quando il direttore dell'hotel si accorgerà che l'uomo è troppo vecchio per trasportare i bagagli, e lo adibirà alla mansione di guardiano dei bagni, l'anziano tenterà di tenerlo nascosto alla famiglia, ma invano.
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