Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Come sempre Pupi Avati è un maestro insuperabile nel rendere la poesia
dei ricordi di infanzia, specie quelli ambientati in Emiia.
Ma in questo film, ispirato sicuramente ad una stoia vera, c'è anche un omaggio ad
una forma d'amore profondo e tutto sommato anche abbastanza diffuso nella nostra società, - più di quanto non si pensi - seppur raramente celebrato (non come quello classico tra innamorati).
Si tratta dell'amore per chi soffre, per chi invecchia; soprattutto per chi si ammala,
rimanendo senza alcuna speranza di miglioramento e/o guarigione. Chi ama veramente qualcuno che si trova in queste condizioni, finisce per amarlo ancora di più,
dedicando a lui (o a lei) tutta la sua vita e le sue forze, sapendo di combattere una
battaglia persa in partenza ma che vale la pena di combattere, e dà la sua soddisfazione in sè stessa, nel donare all'altro la propria vita e la parte migliore di sè.
Un sentimento e un modo di pensare molto cristiano (prendersi il dolore di qualcuno come croce sulle spalle), ma anche molto italiano. (In questo caso la religione non entra per nulla, ma lo spirito è esattamente lo stesso).
Commovente, soprattutto per chi vive o ha vissuto situazioni analoghe, e veritiero.
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