Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film
Il film appartiene più ad Antonio Albanese che al regista Manfredonia che l'ha diretto, ma è pur vero che quest'ultimo deve aver dato un contributo non indifferente visto che, rispetto ai film dove Albanese si dirigeva da solo come "Uomo d'acqua dolce" e "La fame e la sete", questo ha una maggiore fluidità e una maggiore cura dei dettagli soprattutto a livello figurativo. Tuttavia, questo genere di satira politica sembra arrivare un pò fuori tempo, ormai è stata talmente sfruttata, anche dallo stesso Albanese in Tv col personaggio di Cetto La Qualunque, che proporci un intero film su Cetto che trionfa impunemente nonostante la dilagante corruzione di cui si è sempre nutrito, non suscita il divertimento preventivato, talvolta indubbiamente fa ridere e colpisce il bersaglio, ma non riesce a reggere il peso di un'ora e mezza in cui praticamente c'è solo lui e sia il contorno di caratteristi che il contesto ambientale finiscono per contare poco. Fra gli altri attori, la caricaturale moglie di Lorenza Indovina strappa qualche risata con le sue scenate isteriche di gelosia (ma nulla di particolarmente memorabile), Sergio Rubini sembra un pò sottotono nella parte di un consigliere e addetto all'immagine pubblica di Cetto, mentre il napoletano Salvatore Cantalupo apporta una certa credibilità al personaggio del candidato rivale onesto (la scena del confronto televisivo fra i due è abbastanza divertente se la si prende come uno sbeffeggiamento delle trasmissioni analoghe a cui partecipava Berlusconi, con la sua insopportabile e infantile smania di prevalere a tutti i costi sui candidati rivali, a cui spesso non consentiva neppure di esprimersi adeguatamente, come nel film fa Cetto). I soldi al botteghino sono arrivati copiosamente (circa 15 milioni di euro), tanto da permettere un sequel già in lavorazione e da garantire ulteriori possibilità lavorative sia per Albanese che per Manfredonia; quest'ultimo, però, ci aveva convinto maggiormente con la favola sui matti lavoratori di Si può fare (che, guarda caso, al botteghino aveva incassato "solo" 2 milioni di euro, nonostante la presenza di un attore di grande richiamo come Claudio Bisio). Ultimo appunto: lo slang di Cetto a base di avverbi che finiscono in "mente" è simpatico, ma dopo un pò finisce per stancare e per esaurire la sua potenzialità comica, un pò come le gag del film in generale.
voto 6/10
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