Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film
Finita la sua latitanza, Cetto La Qualunque fa ritorno nella sua terra. Con lui c’è anche la sua nuova famiglia che ben presto entrerà in contrasto con la prima famiglia dell’uomo, la moglie Carmen e il figlio Melo. Tra l’intenzione di riprendere in mano la sua vecchia vita e il desiderio di cambiare le regole che non ama rispettare, Cetto decide di candidarsi a sindaco per difendere la sua città dalle tasse e dalle norme che la stanno rovinando.
Il film con cui Antonio Albanese partorisce uno dei suoi personaggi più noti è rimasta una visione in sospeso per molto tempo. Quando infine mi sono decisa ad ottemperare a questa mancanza, ammetto che la delusione mi ha attanagliato per qualche giorno.
Mi era capitato di sentirne parlare bene, di leggere recensioni ammirevoli e buoni giudizi a proposito di questa pellicola, tali da indurmi curiosità che chissà come mai (forse per il mio infallibile istinto che riesce quasi sempre a percepire, ed evitare, un film sopravvalutato) non mi ero mai arresa a soddisfare. Quando infine è accaduto ho dovuto convenire che, le buone cose lette, erano solo una mera illusione.
Primo di una trilogia dal fascino discutibile, la presentazione del personaggio di Cetto La Qualunque funziona, solo in certi momenti. Per quanto possieda talune scene che, a ripensarci, restano comunque portatrici di un sorriso, la maggior parte della sua durata, si svolge su situazioni che non hanno il potere di divertire ma solo di farci irritare; sia per la veridicità delle cose che raccontano, sia per il modo troppo estremo e sfacciato con cui Albanese decide di palesarle.
E se certe cose sembrano scontate, forse non tutti si sono accorti che la “denuncia” parte già dal nome stesso del protagonista, quel Cetto La Qualunque che Albanese utilizza proprio per riferirsi ad un qualunque politico identificabile nelle gesta di Cetto; anche gli slogan elettorali di Cetto sindaco fanno volontariamente il verso al periodo politico vissuto dall’Italia del primo decennio del nuovo millennio (il film è del 2011). Non è difficile identificare nel personaggio principale, molti personaggi noti del nostro panorama politico, forse per questo la visione si conclude con quell’amaro in bocca che una pellicola considerata comica, non dovrebbe generare.
Qualunquemente è una satira politica che in certi momenti pecca di presunzione ma arriva spesso alla questione che intende, a modo suo, denunciare. Sarà interessante, almeno in parte, capire come prosegue.
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