Regia di David Fincher vedi scheda film
Bel film e gran bella sceneggiatura (di Aaron Sorkin, l’ideatore della serie televisiva The West Wing). Più che un biopic è una tragedia shakespiriana che Fincher dirige con il suo stile cupo, popolato di personaggi ambigui e contradditori come erano ambigui e contraddittori i tanti interpreti del suo cinema, da Seven fino a Zodiac e Benjamin Button. Strano, si dirà, che un regista di genere (eccezion fatta per Benjamin Button, Fincher ha diretto soltanto thriller spesso sconfinanti nell’horror) si sia dedicato alla vicenda, processuale e non solo, legata alla nascita e al successo di Facebook. E invece strano non è perché il film è una tragedia scura ambientata nei college e dormitori universitari. Una tragedia dove il delitto perfetto è commesso da un nerd, incapace, forse patologicamente, di rapportarsi col mondo che lo circonda. Il nerd è ovviamente Zuckerberg (perfetto il suo interprete, Jesse Eisenberg), genio solitario, segnato, anzi ossessionato da un desiderio di riscatto e rivalsa contro tutto e tutti, a partire dalla ex fidanzata. Soprattutto, condizionato da un ambiente, quello di Harvard, davvero un college degli orrori e della vacuità stando al film, dove conta chi ha successo e il metro del successo si misura nel numero di concubine. Ma – e qui sta la cosa più interessante del film – Fincher non la butta sul facile moralismo e non dipinge di bianco e di nero il suo film ma articola una storia in cui le vittime e i carnefici coincidono nella quale non condanna nemmeno Zuckerberg che ne esce fuori come un ragazzo disturbato e infantile, ma anche desideroso – e giustamente – di un rapporto significativo per la propria vita. Il problema per Zuckerberg e per gli altri ragazzi con cui lo studente ha a che fare (compreso il personaggio più “storto” di tutti, quel Sean Parker, confondatore di Napster, eterno bamboccio, emotivamente anarchico e che eserciterà su di lui un grande influsso) è la mancanza di un giudizio sul bene e sul male, cioè la mancanza degli adulti che praticamente nel film sono assenti eccezion fatta per il rettore di Harvard tanto ottuso quanto disattento alle esigenze dei suoi ragazzi. ,E così la genesi di Facebook è tutta un gioco al massacro con protagonisti eterni adolescenti, ragazzi mai cresciuti. Capricciosi, egoisti all’ennesima potenza, killer (e qui torna il passato di Fincher) degli altri e di se stessi, ma freddi e incapaci di emozioni: più che di un capitalismo deviato in cui il Sogno Americano, nobile nelle origini, è diventato una corsa disperata per uscire dall’anonimato, questi ragazzi sono il frutto di un mondo in cui gli adulti hanno abbandonato il loro compito da anni, il loro compito di educatori, punti di riferimento, padri. Orfani con delle belle idee che paradossalmente li faranno conoscere al mondo, ma non gli faranno conoscere il mondo. Anzi forse glielo allontaneranno per sempre.
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