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The Social Network

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su The Social Network

di tafo
9 stelle

Nascita del fenomeno che ha segnato i nostri tempi, sceneggiatura perfetta grande film.

L’incapacità di crearsi una vita sociale concreta impone di crearsi una vita sociale virtuale. Cosa è che spinge il nostro a costruirsi un regno a sviluppare l’idea del secolo se non l’incapacità di rapportarsi con le donne e la difficoltà ad entrare nei club esclusivi della sua università. La sua alienazione è una condizione normale insieme ad una scarsa capacità di ascoltare gli altri. Il più grande database del pianeta nasce cosi perché uno degli “scemi” del villaggio globale ha il potere di manipolare i dati altrui, prendere un’idea altrui e migliorarla passare sopra tutto anche alle amicizie reali. Il potere oggi è dato dalla quantità di informazioni che si hanno dal conquistare la fiducia degli altri nel far credere loro di essere parte di qualcosa di democratico e orizzontale dove il quarto d’ora wharoliano non sembra finire mai, mentre il creatore scala la società in verticale. Oggi ci siamo dentro tutti e ci possiamo fare i cavoli degli altri possiamo sapere tutto per non capire niente, costruire delle relazioni che non hanno senso, non esistono fuori, quello che rimane è la nostalgia di ritrovare parenti lontani e vecchi compagni di scuola tristi e imbiancati. Tutto è superficie, gli stessi rapporti sentimentali hanno bisogno di passare da Facebook in una nevrotica ricerca dell’anima gemella dove l’algoritmo sostituisce la nostra capacità di giudizio. Il film racconta con una sceneggiatura serrata che non lascia fiato tra dialoghi reali veloci come quelli virtuali nel quale si parla sempre forse senza pensare alle conseguenze di quello che si dice e si scrive. Il signor Z è diventato miliardario è passato sopra tutto e tutti, ha fatto credere a ognuno di noi di far parte di un club esclusivo fatto di milioni di persone che condividono la loro vita senza capire che siamo noi la merce dove il privato non deve esistere. In un mondo di nevrotici alienati si ha bisogno dell’approvazione altrui la condivisione delle esperienze, anche delle più stupide, deve apparire per essere commentata deve renderci felici e famosi per tutti i nostri “ amici” ai quali dobbiamo ricambiare l’attenzione quando saranno loro a pubblicare le loro storie. La profondità non esiste più una cosa o ti piace o non ti piace, o sei dentro o sei fuori. Il villaggio sarà pure globale ma resta pur sempre un villaggio.     

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