Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Capolavoro. Il cigno nero è la potenza espressiva del mezzo cinematografico sfruttata al massimo.
Capolavoro. Non c'è altro aggettivo col quale si potrebbe esordire per parlare di questo gioiello di Darren Aronofsky. Perché Il cigno nero è la potenza espressiva del mezzo cinematografico sfruttata al massimo, dove ogni movimento, ogni inquadratura, ogni scelta musicale trascina lo spettatore all'interno della psiche della protagonista, oppure la fa evadere al di fuori dell'opera stessa, in un moto travolgente. Come in un gioco di specchi che, oltre a duplicare e frastagliare lungo tutto il film, in un inquietante motivo hitchcockiano, la figura di una magnifica Natalie Portman (qui nell'interpretazione della carriera: fragile, paranoica, folle), assorbe al suo interno la percezione della realtà, sempre meno equilibrata, di una ballerina incapace di tenere fronte ad un'enorme pressione psicologica.
Aronofsky dimostra una grande sensibilità artistica non solo nel tratteggiare alla perfezione la discesa nella follia della protagonista, complice la scelta di tanta camera a mano a seguire i balletti in vortici più insensati che coreografati, ma anche nel raccontarne la causa profonda e universale, ovvero la perdita dell'innocenza. Perché la perfezione è equilibrio e non può esistere un cigno bianco senza il suo cigno nero. Poi il finale: spiazzante, sublime, poetico. Dopo il candido bianco ed il nero corrotto, il rosso del sangue, la morte, che tutto eleva e fa perdonare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta