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Il cigno nero

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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La recensione su Il cigno nero

di Houssy
8 stelle

Amare il cinema significa spesso subire cocenti delusioni e nella maggior parte dei casi, sorbettarsi pellicole mediamente passabili. Pochi guizzi, pochissimi momenti memorabili e la quasi totale assenza di vero cinema. Esclusi alcuni grandi che confermano il loro talento (Scorsese, Tarantino, Fratelli Coen) e qualche bella sorpresa, magari ancora latitante in Italia, la media delle pellicole in uscita è desolante, se non semplicemente e banalmente mediocre. L’appassionato della settima arte quindi, soffre e nel profondo del suo cuore, invidia chi non ha visto tutti i film che ha visto lui, ma crogiolandosi nella propria media cinefilia, deve ancora imbattersi in perle nascoste e preziosissime. In questo clima scorato e sconfortante l’appassionato si reca nell’ennesima sala ad assistere all’ennesimo film, Black Swan, ed uscitone felicemente in lacrime benedice la propria passione e capisce una volta di più, perchè è importante continuare a credere, sperare ed imparare. Sì, Black Swan è un capolavoro. Apologo di straziante lirismo, che confonde la danza con l’ossessione, la crescita con la ribellione e la perfezione con la morte, il nuovo film diretto da Aronofsky, autore ormai maturo in maniera impressionante, ipnotizza e conquista fin dalla prima onirica sequenza. Gran parte del merito va sicuramente alla titanica e toccante interpretazione di una sempre più straordinaria Natalie Portman, ma a far la parte del leone sono le doti di regia e la sensibilità quasi femminile dello straordinario Aronofsky. Complice una macchina da presa che accarezza continuamente i corpi delle ballerine, seguendone i movimenti, le evoluzioni, le incertezze e la fragilissima umanità, lo spettatore per una volta può respirare l’odore del sudore, del gesso sulle scarpette da ballo e sentir scricchiolare il parquet sotto i piedi. Determinato a restituire la fragilità del sogno, la devastante inconsistenza dell’ossessione e l’effimera transitorietà della perfezione, Black Swan racconta la fine dell’innocenza e l’esasperata femminità intrappolata nel corpo di una donna dalla sensibilità di una bambina. Scegliendo un punto di vista poco maschile, Aronofsky ci porta nei labirinti di una prigione dell’anima, dominata dalle ambizioni frustrate di una madre carceriera, arrivando a descrivere fino in fondo, l’insostenibile responsabilità del crescere, arrivando ad identificare in se stessi l’ostacolo insormontabile da eliminare per raggiungere l’agognata libertà, la completezza, ancora una volta, la perfezione. Congelata e pietrificata nel qui e ora, in cui solo la passione cieca ed il momento perfetto contano ed arrivano ad avere un significato transitorio ed effimero, nell’istante preciso in cui si compiono. Il resto, tutto il resto, è rumore di fondo, inutile cicaleccio, insignificante ostacolo verso il completamento di se, della propria ambizione, ossessione, perfetta autodistruzione. E come per miracolo i vostri occhi si riempiranno di meraviglia… e di lacrime.

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