Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
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Nina (Natalie Portman) sogna di essere scelta per interpretare il ruolo principale nel balletto de Il lago dei cigni di Tchaijkovskij. In nome di una perfezione tanto cercata quanto abbruttente, la ballerina comincia ad essere ossessionata dal proprio lato oscuro, tanto più invadente quanto meno accettato.
Il tema della doppiezza dell'animo umano trova in questo script un buon mezzo per esprimersi in molte delle sue sfaccettature. Aronofsky gioca infatti sui contrasti cromatici e tematici tra bianco e nero, sui riflessi, sulle false percezioni, sulla lacerazione di un corpo che parla chiaro, al di là delle illusioni della mente. La macchina da presa non molla mai la protagonista, che è il centro della percezione falsata attraverso cui viviamo l'asfittica esperienza di una persona che rifiuta intere parti di se stessa. Il coreografo-regista dello spettacolo (Vincent Cassel) coglie la profonda rigidità della talentuosa ballerina: "Se cercassi solo il cigno bianco la parte sarebbe tua. Ora mostrami il cigno nero!". E fa di tutto per stimolare gli istinti primordiali della fanciulla, ormai ottenebrati dal rigido controllo che questa ha imparato ad esercitare su di sè da una madre frustrata, asfissiante, perfezionista. Purtroppo, come la psicologia analitica insegna, il percorso di integrazione delle diverse componenti del Sè non è lineare, nè tanto meno indolore... ;)
Ma è veramente un bel film?
Il film è attuale: parla dell'ossessione per la perfezione che caratterizza l'intera società occidentale e che rifiuta intere parti dell'essere umano in nome dell'efficienza e di una presunta eccellenza. Lo fa attraverso uno spettacolo visivamente attraente e molto ben recitato.
Tuttavia, nel guardarlo, mi sono sentito offeso dalle poche possibilità che il regista lascia allo spettatore di interpretare quanto mette in scena. Il film non riesce ad essere ambiguo come vorrebbe. E' chiaro dall'inizio alla fine che la protagonista è violentata da forze che le appartengono e non dalle colleghe ballerine. I personaggi, in generale, sembrano pedine di un gioco studiato a tavolino. Sono tutti bravi (in particolare la Portman) ma tutti, evidentemente, maschere. Nina, che dovrebbe essere il personaggio più approfondito, rimane una figura in balia della prevedibile sceneggiatura.
Dove ci porta la filmografia del nostro Aronofsky?
L'escalation allucinatoria messa in scena nel film non porta da nessuna parte. Lo sappiamo sin dall'inizio. Questa ci ricorda il gioco di "Requiem for a dream", dove la dipendenza dalle droghe e dalla televisione non prevedeva alcun tipo di slancio umano.
Siamo lontani da quella umanità che invece, è con piacere, avevamo scorto tra le rughe, le cicatrici e i muscoli gonfiati del "wrestler" Michey Rourke, nel film che positivamente impressionò Venezia nel 2008. Aronosfky, in quel caso, aveva saputo sacrificare un po' della perfezione formale e degli effetti visivo-narrativi che caratterizzavano la sua espressione, guadagnandoci in termini di intensità emotiva e di apertura del film alla complessità e alle sfumature della vita.
Purtroppo, e con rammarico, con questo "Cigno nero" torniamo nello schematismo, nel banale, nell'effetto fine a se stesso. Rimane una bella esperienza, ma nulla più.
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