Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Cigno nero è un film di colori. Colori puri.
Bianco: è la purezza, la perfezione, o meglio l’ossessiva ricerca della perfezione, è la immacolata rappresentazione di sé agli altri e a se stessi, è il virgineo donarsi al prossimo. E’ noiosa reiterazione di elucubrati e sudati passi.
Nero: è assenza di colore, è l’essenza stessa del colore, di tutti i colori, li contiene e li inabissa nell’obnubilante e onnisciente Nulla che riflette l’ombra di sé, che adombra la luce saturandola di sofferenza. Nera è la perfetta imperfezione, l’imperfetta enunciazione della rinuncia all’esistenza. Nero è il Male che è in noi, nera la nostra bianca anima.
Rosso: è il dolore, è il vermiglio esplodere di escoriazioni e lesioni mentali insite; rosso è l’inizio dell’incancrenente trasmutazione, occhi che si tingono di rossa possessione, di rossa rifrazione, di rossa disperazione. Rosso abbagliante si sparge su bianca armatura. Rosso è il trionfo, il trionfo della malattia mortale.
Nina è una ideale ballerina, capace, precisa e preparata, pulita. Troppo. E’ un perfetto cigno bianco: un vuoto involucro, obbediente e consenziente, tristemente e ansiosamente assuefatta a dover sempre contentare qualcuno (la madre, il regista). Ma quel vuoto involucro ha dentro di sé qualcosa, qualcosa che l’inquieta e tormenta, che l’attrae e la respinge, che le fa sferrare liberatorie e contaminanti unghiate ad una spalla. E’ quello che intravede il mefistofelico e libidinoso direttore della compagnia durante un bacio, colpito all’improvviso da un ardito e (in)volontario morso. Così egli le offre il ruolo tanto agognato, prima ballerina, dea in mezzo a misere mortali, ma per esserlo deve far emergere quel suo lato interiore, il cigno nero, e danzare con passione e trasporto, con bellezza e angoscia, con sfrontatezza e seduzione.
Nina, dopo i primi, avvilenti, e nevrotici tentennamenti, cede a pulsioni sempre più incontrollabili e deformanti, dilanianti, strappa pelli, peli, squarci di (ir)realtà, volge l’ irrequieto sguardo a sensazioni oblique e lugubri, quadri si animano, piedi si palmano, vetri si conficcano, scarlatte voglie si manifestano. Aderisce ad una irreversibile trasfigurazione, ad una discesa allucinante verso una vivida illuminazione di oscura follia.
Ella s’abbandona completamente all’ineluttabile: diventa cigno nero. Lei è cigno nero. Cigno nero che spiega le nere ali, che avvolge e risucchia il cigno bianco, e si trasforma in un Essere perfetto, che esige il sacrificio ultimo.
La danza macabra ha inizio.
Le teste degli spettatori: in particolare due signore imbellettate e vocianti ("che stressante questo film, che fastidio" ecc.). Il cigno nero stava per esplodere in me. Vicino al duplice omicidio.
Potrebbe essere un perfetto cigno bianco, un perfetto regista. Sceglie l'imperfezione e ci mostra il baratro in cui si può essere trascinati dall'ossessione.
L'Oscar è una (im)pura formalità. Poco importa. E' strepitosa e
ha il ruolo della vita. L'immortalità è conquistata.
Torbida e provocante. Sembra un'attrice.
Assolutamente credibile nel ruolo. Uno dei migliori attori in attività.
Poche, ma incisive scene. Un gran piacere rivederla, speriamo sia solo l'inizio.
Bravissima e dallo sguardo penetrante.
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