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Il cigno nero

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il cigno nero

di Spaggy
2 stelle

Nina, giovane ballerina, dopo anni di sacrifici, riesce ad ottenere la parte che cambierà definitivamente la sua carriera. Il coreografo di un’importante compagnia di ballo newyorkese la sceglie come doppia protagonista dell’opera di Tchajkovskij, “Il lago dei Cigni”: sarà contemporaneamente Odette e Odile, Cigno Bianco e Cigno Nero, personaggi opposti come il giorno e la notte, la luce e il buio.


Nonostante la perfezione della preparazione classica di Nina le permetta di indossare elegantemente la pelle del Cigno Bianco, la sua rappresentazione del Cigno Nero è alquanto deludente, manca di anima e carica erotica. Secondo il coreografo, la ragazza dovrebbe imparare a lasciarsi andare, a non autocontrollarsi, rispondendo alle perversioni nascoste nei meandri della sua mente, ai desideri più sopiti, di natura erotica e non.


In una continua discesa verso la follia, Nina porterà l’opera in scena ma pagando un prezzo molto alto: uno dei due Cigni annienterà l’altro, in un continuo ribaltamento di ruoli.


Cosa c’è di più affascinante di un mondo sconosciuto come quello della danza classica? È un mondo a sé con regole ferree, con un certo ordine gerarchico fatto di maestri di danza ed etoile, con rivalità tra prime donne biologiche e non, con perfezionismi tecnici al limite del maniacale in cui ogni personalità viene annullata dal seguire uno schema già noto, ogni variazione al tema è considerata quasi un reato di lesa maestà. Bene, dimenticate tutto ciò… il film di Aronofsky parte proprio dal concetto di destrutturazione del balletto classico, ne prende gli elementi tipici e li scardina sin a partire dalle inquadrature: se ci si aspetta di vedere intere coreografie, passi di danza perfetti e perfettibili, inquadrature su colli del piede martoriati da esercizi fisici al limite del collasso cardiovascolatorio, si rimane alquanto delusi. Le immagini sono sempre en passant, si inquadra un dettaglio per rimandare all’aspetto psicologico dei protagonisti, soprattutto di Nina: il piede e le scarpette rotte diventano simbolici di una ricerca dell’io stesso piuttosto che del personaggio.


Il film vive in bilico, lascia ogni personaggio tra follia e realtà, diventando subito simbolo che procede per dicotomie e dualismi. Immaginazione e realtà, follia e perfezione, verginità  e “vestalità”, erotismo da soft porno lesbo e feticismo, eros e thanatos, sapone e trucco, pelle graffiata e squame tatuate, “Eva contro Eva” ed “Eva contro se stessa”, rosa e orchidea, anoressia mentale e bulimia scenica. È come se si ingoiassero a forza tutti gli elementi disseminati sul campo e li si vomitassero a fine visione a causa anche dell’abbondanza degli elementi visionari, sogni onirici di ossa rotte e piedi palmati e riflessi su specchi noiosamente deformanti, specchi che in continuazione ritornano e ossessionano con l’idea del doppio, mai analizzato nelle sue implicazioni psicologiche. Freud spicciolo e Roshak abusato. Nulla è lecito sapere sulle cause che portano Nina ad essere una “ragazza interrotta”, si accenna e non si approfondisce: si carica la madre di colpe e si assolve la ricerca disperata di fama, si calca la mano sulle rivalità tra ballerine e si giustifica la follia dell’omicidio o l’uso di pasticche che dischiudono nuovi mondi. Si scimmiotta Cronenberg e si finisce imprigionati nei luoghi comuni: madre e figlia che inseguono lo stesso sogno, madre costretta ad abbandonarlo perché incinta, figlia carica di responsabilità e obblighi morali solo per portare a termine un percorso incompiuto, figlia che si flagella e si scortica con le proprie mani come se volesse far uscire l’inconscio dalla propria pelle, figlia risvegliata dal coreografo sadico più perverso che preparato, figlia per cui l’idea di perversione si traduce in sogni di notti a base di droga e sesso lesbo, figlia per cui l’apice è rappresentato dall’abbandono dei modelli, dal tecnicismo della migliore ballerina ormai anziana (Beth) per continuare ad essere in scena al protagonismo di una ballerina non perfetta (Lily) ma capace di suscitare emozioni, figlia che nella sua follia diviene cigno dentro, tra dottor Jeckyll e mister Hyde. Tutto già visto, tutto portato all’ennesima potenza e massacrato, da dramma horror diventa commedia grottesca il cui finale giocato tra luci e ombre, vita e morte, è stato annunciato sin dalla prima scena, con il visionario sogno in cui Rothbart si impossessa del corpo di Odette.


Bene contro Male, ali luciferine contro ali d’angelo troncate. Piume nere che avvolgono la protagonista scarnificandola e denudandola, trucco eccessivo ed esasperato che rende il tutto carnevalesco e che risolve il dilemma visivo della duplicità in una sega più mentale che manuale.


Tolto il simbolismo, rimane il vuoto a far da contorno… il salto finale che macchia di rosso sangue il costume bianco di Nina avvolge lo spettatore, rosso e bianco entrano in contrasto ancora una volta. Passionalità ed etereità, ferocia e debolezza, deja vu biblici e sagra della porchetta. Cosa resta a fine visione? Dubbi, tanti dubbi. Bell’esercizio di regia e di fotografia, musiche debordanti e strappate, sceneggiatura labile basata su un assunto portato a termine per intuizione come in teoremi geometrici risolti ragionando per assurdo, cerchi mai concentrici nonostante certi tecnicismi ossessivi. 


Le ragioni del successo? L’ottima prova della Portman, intensa e sofferta, capace di allargare psicologicamente il personaggio restringendosi anche fisicamente, prestandosi a estenuanti ore di danza classica. Vincent Cassel, diabolico nel suo Belzebù moderno, plasma anche le anime degli spettatori con il suo intenso sguardo, credibile nell’offrire la mela avvelenata ma derisibile nel finale, come se il gesto estremo del Cigno Bianco non fosse diretta conseguenza del suo operato, come se Eva avesse avuto possibilità di scelta.


Piacerà agli italiani? Si… sarebbe piaciuto di più se ci fosse stata anche Alessandra Celentano. Decisamente sopravvalutato.

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