Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Darren Aronofsky racconta la storia di una brava ballerina, che vive schiacciata dai sensi di colpa nei confronti della madre, ciò che la induce ad autopunirsi. Il tema non è nuovo: cito a questo [s]proposito ”La pianista”, il bel film di Michael Haneke (2001), dal quale molte scene di attivo masochismo sembrano derivare apertamente…
L’analogia della situazione, però, non deve ingannare: diversa è la sensibilità hanekiana da cui nasce la narrazione impassibile dell’insediarsi del male nel cuore dell’uomo e dei suoi effetti devastanti.
Questa è un’altra storia.
Aronofsky, il regista dà delle angosce di Nina (Natalie Portman),la danzatrice, un’interpretazione genericamente psicoanalitica: il comportamento della giovane sembra derivare da un male diffuso, che colpisce molta gente di teatro che si cimenta col Lago dei Cigni: altre ballerine e lo stesso coreografo Thomas Leroy (Vincent Cassel), certo che solo l’esperienza della passione possa consentire a Nina di raggiungere la perfezione interpretativa nel doppio ruolo di Cigno bianco – Cigno nero, poiché l’interpretazione richiede la piena identificazione nel personaggio del Cigno nero che si toglierà la vita.
È convinto, pertanto, della necessità di assumere il pieno dominio del corpo di lei essendo suo dovere svegliarne la sensualità, sia pure correndo qualche rischio: la giovinetta, infatti, giustamente reclama la proprietà di se stessa e si difende come può.
Thomas, forse, dovrebbe meditare, oltre che su Stanislavski, anche su Diderot e su Il paradosso dell’attore, sebbene lavori a New York, dove si svolge la vicenda
Dall’assunto quantomeno discutibile, secondo cui interprete e personaggio debbano identificarsi, nasce l’enfasi che è il dato connotativo dell’intero film, a mio avviso poco tragico, ma molto retorico nei toni e nelle immagini, comprese quelle raccapriccianti di lei che si autoaffligge.
Questo lavoro mostra, purtroppo, come un regista ambizioso e dotato come Aronofsky, capace di creare – con l’uso sapiente della camera a mano – atmosfere di tensione emotiva, riesca a darci un film mediocre, che si rende gradevole soprattutto per la fotografia, l’eleganza del colore, nonché – ça va sans dire – per la musica di Pëtr Il’i? ?ajkovskij.
Peccato.
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