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Machete

Regia di Ethan Maniquis, Robert Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su Machete

di ROTOTOM
8 stelle

Potenza del cinema. Danny Trejo avanzo di galera dalla faccia reticolata di storie di criminali veri e vicoli sordidi che arriva ad avere un film tutto suo. In quel film si fa Michelle Rodriguez, Jessica Alba e Lindsay Lohan. In quel film le sue battute si contano sulle dita di una mano. Il film è Machete ovviamente, iperbole della tacosexploitation, piccante, eccessiva e divertentissima.

 

A voler fare i colti a tutti i costi bisogna riprendere le istanze della blaxploitation anni ‘70, l’esplosione del fenomeno black dell’industria del cinema che si accorse di quelli che una volta venivano chiamati nigger per scaraventarli sullo schermo con storie che narravano di ghetti e cultura nera,  cavalcando l’onda delle tensioni razziali per fare dell’orgoglio black un formidabile veicolo di promozione delle decine di titoli sfornati in una manciata di anni. La blaxploitation salvò un paio di major date quasi per fallite tra cui la MGM, case di produzione gestite da bianchi, ovviamente. E i bianchi erano gli spettatori di quel tipo di cinema, gran parte degli afroamericani non si riconosceva nella exlploitation (sfruttamento) quasi caricaturale della loro cultura e della loro rabbia. Tutto era eccessivo e stereotipato. Dai colori dei vestiti ai culoni delle donne, eroine vendicative che si ribellavano all’egemonia maschile ma senza perdere la femminilità, ideale femmineo che poi tornò prepotentemente alla ribalta negli anni ‘90 con capo d’opera di Tarantino e il suo Jackie Brown (1997).  L’esplicitazione della cultura black era quella vista dai bianchi per i bianchi.

 

Lasciando da parte la cultura, Robert Rodriguez e il nuovo delfino della sacra famiglia allargata di Quentin Tarantino, Ethan Maniquis, di quelle immagini riprendono solo lo strato superiore, l’estetica eccessiva caricata della cultura dello z-movie macellaio da double bill per adolescenti infarcendola con una storia-pretesto di immigrazione clandestina di messicani, vigilantes assassini e senatori razzisti.

 A differenza di Tarantino che destruttura il B-cinema per riplasmarlo in ottica postmoderna, Rodriguez passa direttamente alla purezza del trash senza vergogna, inanellando una serie di perle di sconcezze politicamente scorrette da antologia. Machete è il protagonista di questa cavalcata iperrealista che attraversa un immaginario cinematografico calcificato in un’epoca di felice sconsideratezza. Danny Trejo è il supereroe dalla maschera spiegazzata da una vita più vera di qualsiasi film che taglia in due ( è il caso di dirlo) lo schermo con brutale immobilità. E’ l’incubo di Michael Myers la faccia di Machete, che taglia teste, arti, sbudella e salta, esplode e si rialza, spara e scazzotta. A corollario, tre femmine che rendono torrido il già bollente confine del Texas con il Messico.

Michelle Rodriguez che quando compare in pantaloni a vita bassissima e reggiseno in latex, reggendo l’ennesimo improbabile fucile d’assalto viene voglia di ululare alla luna.

Lindsay Lohan che tra un arresto per droga e l’altro ha il tempo di dare volto e tette a una lasciva suora con pistolone evocativo.

Jessica Alba che protende i labbroni e acceca i cattivi con i suoi assurdi tacchi a spillo. E poi infermiere hard e meccaniche hard che aggiustano le cars dei chicanos variopinte e ballonzolanti. Sesso, sangue, donne e motori. Exploitation, signore e signori. (Ri)fatto con una cura per i particolari maniacale e tutt’altro che improvvisata. Recitazione sopra le righe di tutti i convenuti, un bolso Steven Segal, Don Johnson e Bob De Niro con tutto il consueto bouquet di smorfie a supporto. Fotografia sporca dai colori saturi, pellicola rovinata all’uopo, una storia che sta tra il grottesco e l’inverosimile, montaggio sostenuto, battute da antologia del trash moderno. Machete parla in terza persona, come Diego Armando Maradona, un altro che ha fatto della propria vita una rivoluzione privata. Le donne gli cascano ai piedi come pere mature, Machete si butta da un palazzo reggendosi alle budella di un disgraziato appena sventrato, salvo un minuto prima aver sentito l’informazione da un medico che dice alla sua infermiera bonazza, che l’intestino è lungo circa venti metri. Grazie, altrimenti la verosimiglianza della scena ne avrebbe risentito.  “Dottore, sento il suo sguardo fino dentro l’utero” questo è il tenore delle hot-infermiere in minigonna e zatteroni che sembrano tutte fantascentificamente in calore.

 

Machete è un’invenzione dietro l’altra, citazionista non di un film in particolare ma piuttosto di un’idea di cinema che prendeva linfa da una libertà creativa quasi illimitata, una tecnica traballante dovuta tanto alla mancanza di talento quanto alla mancanza di soldi e i cui difetti venivano coperti con l’esibizione generosa di violenza e di femmine svestite. Machete è un film di Serie A vestito da Serie B, raffinato nella cialtroneria, atteso da un falso trailer inserito in un’operazione simile, GrindHouse di Tarantino/Rodriguez. Non è un film a basso costo, ma tutto è girato per sembrarlo. La tacosexploitation è una stronzata che ho inventato in questo momento, non è mai esistita. La politica c’è, il razzismo anche ma serve solo come strumento per la sanguinosa catarsi finale. Non c’è un messaggio da veicolare, c’è solo uno stile da riprendere e riproporre per spensierato divertimento. E’ tutto elegantemente trucido, osceno e leggiadro trash radical chic. Si ride di gusto una volta tanto, come quando si ascolta una barzelletta zozza senza timore di fare figure da zozzo. Film falso e divertente e a suo modo intelligente nel riproporre topos con tacos.

 

P.S. A mente fredda sovviene un pensiero triste. Se non ci fosse stato il glorioso periodo dell’exploitation (sex, black, bike, shock a dir si voglia) e dei Bmovie questo  film così non si sarebbe potuto fare. La libertà che si è preso Rodriguez trae linfa dalle libertà che si prendevano gli autori scassi dei de-generi dell’exploitation, senza di esse non avrebbero senso perché mutuano un immaginario che viene riproposto senza rielaborazione. L’operazione di Machete si potrebbe definire iperexploitation. Lo sfruttamento dello sfruttamento, ma coi soldi e con la potenza produttiva del marchio Tarantino-Rodriguez. Purtroppo ora come ora non si potrebbe fare nulla di così radicale e politicamente scorretto senza il paravento dei pionieri passati a fare da paracadute.

 

P.S.2 Mi sono dimenticato la trama. Machete, un ex agente federale viene tradito e gli ammazzano la moglie. Diventa un mercenario senza identità, un immigrato clandestino che viene assoldato per uccidere un senatore razzista. Ma è un tranello. E il tranello glielo tende il cattivane che gli ha ammazzato sua moglie. Così si prende la sua vendetta massacrando tutti. Con un machete (da cui il nome).

 

P.S. 3 C’è una tizia molto buona, molto nuda che nasconde nella vagina il telefonino. Qualcuno ha il numero?

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