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Machete

Regia di Ethan Maniquis, Robert Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su Machete

di iosif
4 stelle

Come molti film di genere Machete punta sulla quantità e varietà di oggetti  che si può efficacemente adoperare come arma: cavatappi, tosaerba, tacchi a spillo, sculture piramidali, vengono utilizzati per cavare occhi, spaccare casse toraciche e altre attività. Nei film di Rodriguez si muore nei modi più assurdi e imbarazzanti. Una persona sventrata e ancora viva da cui Danny Trejo srotola l’intestino per calarsi al piano sottostante di un edificio, è una cosa che ancora non avevo visto. Appurato questo, mi chiedo se gli appassionati del genere si divertano davvero, ridano di gusto alla visione di quest’ora e mezza di cazzate. L’impressione è che questo modo di fare film che ha almeno quarant’anni sia fra i più rigidi e fossilizzati e che l’unica componente dello spettacolo davvero sopra le righe sia da trovare nello spettatore. L’entusiasmo forzato con cui vengono accolte e rilette queste visioni sembra l’unico vero legame con certo cinema d’essai. 

Machete è un tipo dalla brutta faccia che si chiama così perché uccide le persone preferibilmente col machete. Quando una ragazza nuda guardandolo negli occhi tocca l’impugnatura dell’arma che ha legato alla cintura e gli chiede “cos’è questa cosa grossa e dura”, lui risponde “il machete”. Poi, in genere, Machete parla di sé in terza persona; abitudine che può essere sintomatica di tante cose, nessuna delle quali ha connotati positivi. Lo sfondo è quello del confine fra Messico e Texas, dove il senatore De Niro e la sua cricca per fermare l’immigrazione clandestina si adoperano in odiose efferatezze. Se all’inizio si può sospettare una denuncia di fondo, l’idea viene presto spazzata via dall’indistinta e ininterrotta violenza da fumetto.

Machete, anticipato da un (allora) finto trailer inserito in Planet Terror, insiste anche sull’iconografia di un altro film-nel-film che era la pubblicità di armi in Jackie Brown: donne in gonnellina che sparano coi mitra, sono evidentemente la figura ricorrente del cinema di Rodriguez. Nel casino finale, per la verità, si adottano anche soluzioni che dal punto di vista sanguigno e spettacolare sono scialbe e incongruenti. A completare il quadro e il cast le speculari Jessica Alba e Michelle Rodriguez, Lindsay Lohan nel ruolo di tossica persa, un pezzo avanti a Stanislavskij, i cattivi Jeff Fahey e il bolsissimo Steven Seagal e il già citato De Niro che ormai ha solo la faccia da “che attore coi controcazzi che sono stato, guardate adesso come abbasso gli angoli della bocca e mi prendo in giro”. E chiude il tutto con un finale alla Esopo.

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