Regia di Burr Steers vedi scheda film
Zac Efron è cresciuto, fisicamente e artisticamente. Se ne facciano una ragione tutti coloro che storcono il naso di fronte alle nuove leve uscite dai teen movies targati Disney. E la crescita gli arriva anche grazie al ruolo di Charlie in questo film tratto dal romanzo “The Death and Life of Charlie St. Cloud” di Ben Sherwood, storia drammatica pregna di risvolti sovrannaturali che tanto alimenterebbe discussioni e lodi se dietro la macchina da presa ci fosse stato un regista più consapevole di Burr Steers.
L’inconsapevolezza del regista, già alle prese con i temi adolescenziali in “Igby goes down” e con Efron nel pasticciato “17 Again”, nasce dal fatto di trovarsi di fronte ad un bivio: traghettare il giovane interprete in un nuovo percorso maturo o limitarsi a fotografarne la bellezza in pose destinate ad ammaliare le giovani ragazzine? Superficialmente sembrerebbe prevalere questa seconda ipotesi, per cui ci si trova di fronte a delle scene in cui Efron mette in mostra muscoli e fisico alla guida di una barca a vela o per riscaldare il corpo della giovane Amanda Crew, sfoggiando sorrisi da calendario su una fotografia sempre tesa a rilevare i suoi occhioni cerulei.
Superato l’impatto e abituandosi all’idea che la pellicola richiami un target postadolescenziale, il film vira in direzioni più profonde e drammatiche, in cui Zac Efron dimostra di essere uno dei nomi su cui lo star system hollywoodiano può puntare in futuro, auspicando che arrivi prima o poi un regista come David Cronenberg a sdoganarlo definitivamente, così come sta avvenendo con l’altra icona delle teen agers “ormonose”, il vampiresco Robert Pattinson.
La storia ci racconta del profondo legame che intercorre tra i fratelli St. Cloud, Charlie e Sam, destinati ad essere legati da un filo sottile per tutta la loro esistenza.
Charlie e Sam condividono tutto dal momento in cui il loro padre ha abbandonato la famiglia per dedicarsi alla realizzazione del suo sogno, lasciando i figli alla moglie. Forse Charlie pecca troppo nel sostituirsi al padre, prendendo in consegna la crescita del fratellino undicenne: lo porta con sé durante le gare di vela, gli da lezioni di basket, lo tiene sotto la sua ala protettiva. Ala che viene rotta da un tragico incidente in cui il piccolo Sam perde la vita mentre Charlie viene salvato in extremis dalla morte.
L’incidente lascerà dei postumi che turberanno per sempre l’esistenza di Charlie. Infatti, il piccolo Sam fino a quando non riuscirà a staccarsi dai ricordi terreni accompagnerà i pomeriggi del fratello maggiore per cinque lunghissimi anni in cui tutta l’esistenza del giovane rimasto in vita viene stravolta.
Charlie abbandonerà il sogno di poter divenire un campione della vela e gli studi a Stanford per dedicarsi alla cura del cimitero locale, dove ogni pomeriggio dopo lo sparo del cannone che segna l’inizio del tramonto incontrerà il fratello. Incontri destinati a terminare solo quando la presenza di Tess, giovane di cui si innamora Charlie, romperà gli equilibri esistenti tra i due, in un susseguirsi di pathos che rimette in gioco gli equilibri tra la vita e la morte, ponendo l’accento sulla forza dei propri sogni da realizzare nonostante il mare in burrasca.
Il tema è alquanto delicato e avrebbe potuto assumere toni da dramma metafisico, il dolore della morte legata al senso di abbandono e sconfitta, ai sensi di colpa e alla rivalsa. Il rischio viene superato dalla scelta dei toni in cui il tutto viene raccontato: si passa da inquadrature tipiche da film sportivo (le regate in mare o l’impresa in solitaria di Tess regalano immagini quasi da telecronaca) a scene che riportano alle commedie romantiche dark (la prima notte tra Charlie e Tess nei giardini del cimitero, pur con toni meno accesi, ha qualcosa di burtoniana memoria); vi è un uso realistico delle luci nelle scene degli incontri metafisici tra Charlie a Sam (e qui va dato merito al regista di non essere ricorso a luci da “Madonna di Medjugorie”, lasciando che il tutto apparisse naturale e senza forzature stilistiche); si cerca il continuo rimando alla lotta tra scelta e destino, sottolineando come spesso un evento negativo può trasformarsi in qualcosa di positivo attraverso il libero arbitrio che deve trovare risposte al perché dell’azione fatalistica di Dio e delle seconde possibilità che concede.
Anche il lieto fine posto su due piani differenti (Charlie dirà addio al fratello Sam che raggiunge finalmente le alte sfere celesti da un lato mentre dall’altro la condivisione di una tragedia sfiorata gli permette di trovare l’amore in Tess, liberandosi così dai sensi di colpa che lo attanagliano) arriva dritto al cuore, facendo sgorgare la lacrimuccia anche a chi affronta l’abbandono con cinismo.
Manca però una marcata delineazione dei contorni psicologici di alcuni personaggi, in primis della madre dei due ragazzi, interpretata in un cameo di pochissimi minuti da Kim Basinger (non ci viene mai spiegato il motivo del suo allontanamento) che francamente non lascia il segno in un ruolo semplicemente di contorno, e del paramedico che strapperà dalla morte Charlie dopo l’incidente, interpretato da un Ray Liotta più sofferente e criptico del solito, e che lo aiuterà attraverso un segno tangibile (dopo la sua morte) a trovare le risposte che cerca.
Altro piccolo demerito del regista è quello di aver infarcito il film con notevoli dosi di patriottismo che porteranno a far esternare a Charlie il suo dispiacere per non essere partito in guerra accanto a suoi amici, evidenziando come centinaia di giovani siano caduti sotto il conflitto iraqiano (o afghano, non viene specificato), sottolineato anche dalle numerose scene in cui compare la bandiera a stelle e striscie.
Il film rifugge numerosi cliché nonostante in due occasioni rimandi a qualcosa di già visto, scatenando qualche momento di involontaria ilarità: il piccolo Sam trasformato in “stella cometa” ad esempio o la scena del salvataggio di Tess che rimanda a un famoso manga giapponese (“Lady Giorgie”, in cui il fratello Artur salva Giorgie dall’ipotermia con il calore del proprio corpo). È sostenuto da una notevole fotografia legata ad un uso sapiente delle inquadrature e dei movimenti di macchina da presa, favoriti anche dalla bellezza delle location naturali.
In poche parole un film sull’amore: l’amore tra due fratelli, l’amore per la vita, l’amore tra due giovani che permette di superare ogni difficoltà e abbandono. Amor vincit omnia. Oppure per dirla con le parole di Cummings usate nel film: “Fidati del tuo cuore anche se il mare si incendia e vivi l’amore anche se le stelle tornano indietro”.
Commenti, approfondimenti ed extra su: http://cinerepublic.film.tv.it/segui-il-tuo-cuore-recensione-di-spaggy/1984/
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