Regia di Stéphane Brizé vedi scheda film
Jean è un bravo muratore, marito tranquillo e buon padre di famiglia. In occasione di un normale colloquio genitori/insegnanti, fa la conoscenza di Véronique Chambon, una ex-violinista, ora supplente nella classe di suo figlio. La giovane donna invita Jean a venire un giorno in classe per raccontare agli alunni in cosa consista il suo lavoro, come hanno già fatto altri padri degli scolari. L’esperienza ha successo e mademoiselle Chambon gli chiede di venire a casa sua per sostituire una finestra vecchia e difettosa. I due cominciano a conoscersi, ad incuriosirsi l’uno dell’altra. La distanza che li separa è notevole, non solo per condizione sociale e differenza culturale, ma anche per stili di vita. Lui stabile e dalla vita tranquilla, lei più irrequieta e sempre in movimento da una scuola all’altra del paese. Si troveranno entrambi confrontati e spiazzati dalla forza dei loro sentimenti. Sconsiglio la visione di questo bellissimo film alle persone che lamentano l’eccessiva lentezza di un certo cinema francese. La raccomando invece vivamente a chi ama i film costruiti sulla qualità dei dialoghi, sull’intensità della recitazione e sull’introspezione dei caratteri dei personaggi. Inizialmente, Jean e Véronique esitano addirittura sul modo in cui parlarsi e comportarsi l’uno con l’altra. Piccole frasi, reciproca gentilezza nei modi, reciproco rispetto. Per arrivare al primo bacio si deve attendere una quarantina di minuti e faranno l’amore una sola volta, a film quasi terminato. Il finale, poi, porta da tutt’altra parte. Vincent Lindon, attore capace veramente di tutto, si cala in maniera sorprendente per autenticità nella parte del bravo muratore, forte, uomo semplice ma onesto e di grande umanità. Di fronte a lui l’eccellente Sandrine Kiberlain, quasi stupita dei sentimenti che sente nascere dentro di sé nei confronti di un personaggio lontano anni luce dal suo modo di vivere. Il film è privo di scene erotiche, ma si respira aria di desiderio sessuale fin dal primo incontro. Questo approccio a tentoni, il lento avvicinamento dei due protagonisti e l’esito che non va rivelato suscitano nello spettatore una crescente tensione da thriller psicologico in una vicenda ambientata nella quotidianità di persone di ogni giorno, in contesti semplici quali il lavoro e la vita familiare. Tutto avviene alla luce del sole, non ci sono incontri segreti, né scoperte traumatiche. A nudo vengono messi soltanto i sentimenti, le incertezze, la paura mista a desiderio di cambiare vita. In questo risiede la grandezza di un film delicato quanto profondo. Nell’adattare il romanzo di Eric Holder da cui è tratta la sceneggiatura, il regista Stéphane Brizé riconosce di essersi lasciato volutamente influenzare da « I ponti di Madison County » (1995) di Clint Eastwood (fonte « Allociné.com »). Ne condivide in effetti la sobria tonalità ed una conclusione che lascia con il groppo in gola. Da notare che, nella vita reale, Sandrine Kiberlain e Vincent Lindon sono stati moglie e marito...
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