Regia di Alexandre Aja vedi scheda film
Non esiste nulla di più relativo del cinema. La scala di valori della settima arte non parte da Kubrick con 2001 :odissea nello spazio per finire all’ultimo posto con Ed Wood e il suo Plan 9 From Outher Space. Non funziona così. 2001: odissea nello spazio direbbe qualcuno, è profondamente noioso, e non avrebbe tutti i torti. Ed Wood nella sua scalcinata idea di cinema fatta di piatti volanti e recitazione alla buona la prima, ha in sé il sublime fascino trash dell’incompetenza allo stato dell’arte. Così quando si legge su certa stampa di PIRANHA 3D affiancato nella distribuzione dei pallini – o stellette, o pollicioni o iconcine a dir si voglia- a The Fighter o Il discorso del Re e recensito come di una ciofeca che non fa paura, permettetemi, non si è capito una mazza di cosa sia il cinema di genere. PIRANHA 3D di Alexandre Aja, scritturato dagli Spielberg del cinema di genere americano, i fratelli Weinstein, è uno scatenato omaggio a tutto l’horror scalcinato e cialtrone anni 80, un trionfo di senoni rifatti e culi in perenne sballonzolamento, una spruzzata di soft sex, personaggi bidimensionali, una recitazione fatta di poche battute utili a mandare avanti la storia e tanto sangue e splatter e frattaglie scaraventate in faccia allo spettatore grazie ad un 3D dalla resa artigianale gonfiato in post produzione. Proprio il 3D così imperfetto però è quanto di più simile ora possa avvicinarsi ai trucchi artigianali dei film dell’orrore degli anni 80, quelli della mutazione fisica e delle protesi in lattice così inverosimili da elevarsi ad astrazione pura in quanto stravolgimento e rimodellamento di quello che era il principale biglietto da visita di quegli anni edonistici: il corpo.
PIRANHA 3D è molto semplicemente un divertentissimo pop corn movie dell’horror che non mira a fare paura ma solamente a fare avanzare la storia del cinema splatter di un altro tassello. Il cinema di genere si rinforza e crea il proprio mito dal reiterare continuamente, con poche piccole variazioni, le proprie istanze senza alcuna vergogna. E’ il corrispettivo horror trash del cinepanettone ma molto meno volgare e più divertente. La trama: sul fondo di un ipotetico lago americano, un terremoto apre una voragine dalla quale escono voracissimi piranha preistorici proprio mentre la festa del 4 luglio porta frotte di procaci ragazze e tonici maschietti a gettarsi nelle fresche acque del lago per unire i loro corpi in un’unica grande nazione-orgia. Evviva. Si formano amorazzi, si smembrano arti e parti, si consuma sesso rinfrancato dall’alcol, si gira un porno soft, i peccatori muoiono nel peggiore dei modi – negli Usa il codice Hays è rimasto ben impresso nella cultura del mostrabile - e un pene mozzato viene trasportato dal 3D fino in faccia agli spettatori rimasti a bocca aperta con le mani ficcate nel bidone del pop corn. E’ logico che confrontare questo film – che so - con il più esile Tamara Drewe dell’inconsistente Stephen Frears non si possa proprio fare, ed è logico che le attempate signore che si sciolgono di fronte al nulla di questa operetta non potranno mai accostarsi ad un prodotto del genere - anche se il pene mozzato che galleggia nella sala potrebbe risvegliare qualche ardore assopito - . Questo è un film per appassionati, citazionista e cinefilo, non tra i migliori del suo genere ma assolutamente disincantato e dignitoso. Ulteriore capitolo e aggiornamento della saga dei pesci assassini che vide in Lo Squalo (1978) il capolavoro per poi annoverare Joe Dante e James Cameron alla corte di Roger Corman pensare ai piranha come variazione sul tema. Grande partecipazione di grandi attori in cammei ironici: dopo essersi salvato proprio dallo squalo Richard Dreyfuss in pensione sull’ameno laghetto è il primo a lasciarci le penne. Christopher Lloyd è ovviamente uno scienziato bislacco. Eli Roth dove c’è sangue non può mancare ed è quello che spruzza d’acqua le pettorute candidate a reginetta di Miss Maglietta Bagnata. Un ruolo impegnativo, non c’è che dire. Elisabeth Shue è la protagonista e il regista Alexandre Aja, che alterna il proprio sguardo tra i pescioni preistorici, le grazie femminili e la carne maciullata, è il francese autore di Alta Tensione (2003) e componente dello Splat Pack del rinnovato cinema horror degli anni duemila che comprende Maury & Bustillo, Gens, Laugier. Ogni tanto tra re balbuzienti, esteti dell’immobilismo autoriale cinematografico e importanti mattoni di imprescindibile realismo contemporaneo, una sana tamarrata ci può anche stare.
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