Regia di Rodrigo Cortés vedi scheda film
C’è differenza fra un’intuizione e una trovata. Ed è la stessa che separa un “film cervello”, ossia i labirinti mentali di Cronenberg, Resnais e Lynch, dai “film meccanismo”, ovvero le elucubrazioni di Nolan o dell’ultimo Burton. Il film di Rodrigo Cortés, meccanismo puro, servito da uno sterile virtuosismo di regia e montaggio che non produce il minimo sussulto, s’innesta nel filone delle “trovate stagionali”, alla stregua di un Blair Witch Project o di un Paranormal Activity, titoli che durano il tempo di una campagna promozionale (o meno). Senza tirare in ballo Poe, Tarantino, Fulci, Corman o Craven, il problema di fondo di Buried. Sepolto, sostanzialmente un figlio illegittimo dei teoremi di Saw, è d’essere privo di ogni motivazione che non sia la semplice promozione della sua unica idea e dell’abilità dei realizzatori. Un “racconto del terrore” che vorrebbe collocarsi nella scia di Matheson o dello Zio Tibia cui mancano però sia la paura sia l’inquietudine. Uno showcase. Un “pitch” di un regista che si candida ad altre imprese. Il risultato, quindi, è dall’elettroencefalogramma piattissimo dominato da una “noia” che ironicamente è il risultato di un’idea di cinema manipolatoria e autoritaria.
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