Regia di Rodrigo Cortés vedi scheda film
Salutato con troppo entusiasmo (ma il tutto – a posteriori – sa tanto di operazione commerciale) come epigono di Alfred Hitchcock, lo spagnolo Rodrigo Cortés si lancia in una sfida quasi impossibile: quella di creare un film di tensione con un solo attore, un telefonino e un accendino.
La sfida è persa, almeno in parte. Se l'attore protagonista, Ryan Reynolds, pur penalizzato dal solito doppiaggio bolso, riesce a reggere una parte non semplice, è proprio sul versante puro della suspense che il film non convince. Cortés ha un problema grosso, quello di arrivare ai fatidici 90 minuti con praticamente nulla in mano. Ha pochi elementi a cui aggrapparsi: un attore, praticamente immobilizzato in una cassa, qualche oggetto (oltre all'accendino di cui sopra spunteranno fuori alcune provvidenziali fonti di illuminazione) e un telefonino, fondamentale per garantire un minimo di dialogo indispensabile per dare vivacità a un film, anche visivamente, stretto attorno a poche inquadrature.Troppo poco ? Forse. Quel che è certo che persino Hitchcock, tirato in ballo a sproposito, anche nel suo film più sperimentale, Nodo alla gola, girato quasi tutto senza stacchi di montaggio, si garantiva il minimo per la sopravvivenza sua e dello spettatore: un cast d'attori, anche se chiusi in un unico set. Il regista spagnolo spinge più in là l'asticella della difficoltà ma già al primo contatto col mondo di “sopra” gestisce male la tensione. Troppe inverosimiglianze nelle telefonate che il povero Reynolds è costretto a compiere. Troppo pretestuoso il giochino, davanti a cui lo spettatore fatica a credere. Il malcapitato ora è messo in attesa dal centralino; ora litiga con l'amica della moglie; ora – nella sequenza più forzata di tutte – è “scaricato” dall'azienda per cui lavora. E così, un thriller, sulla carta interessante, pur dopo un bell'inizio al buio piuttosto angosciante, affonda nel pantano dell'ideologia e della “tirata” verbosa nei confronti dell'intervento americano in Iraq. Sarebbe stato più interessante – e decisamente più hitchcockiano – mostrare di più la paura che non dirla, urlarla in modo sempre più enfatico. Magari, giocando più sull'ambiguità del protagonista e dei rapitori (perché svelare subito il movente ?) e giocando meno a carte scoperte. Soprattutto se le carte in mano sono una misera doppia coppia.
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