Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
Dopo le (tragi)comiche berlusconiane, con tanto di battutacce, supercattivi che ridono del terremoto e una città fantasma che neanche in un western, l’Abruzzo si deve sorbire pure lo stra(s)cult firmato George Clooney. Eppure il divo e Anton Corbjin, fotografo e regista che ci ha ricordato i Joy Division con l’eccellente Control, sembravano garanzia di un film almeno accettabile. Sbagliato: fin dalla prima sequenza, il thriller sprofonda in una lenta, sciatta e inesorabile discesa. Sulmona, Castel del Monte e Castelvecchio sono cartoline in cui il brizzolato attore porta il suo broncio da sicario professionista, forse pentito, di sicuro dongiovanni. E Violante Placido, qui prostituta cosmopolita e nuda anche nel giorno libero, scioglierebbe anche i più freddi, figuriamoci uno che quando fa il duro al bar sembra ancora nella pubblicità del caffè. Clooney è l’ombra, se non la parodia di se stesso, persino nei movimenti. Il libro di Booth (The American. Il signor farfalla, ed. Newton Compton), buon racconto di genere, viene banalizzato in una storia inutile, che vorrebbe creare empatia verso un protagonista anti(a)patico. Autorialismo trash così mediocre da non consolare lo spettatore neanche con un po’ di sano umorismo involontario.
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