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The American

Regia di Anton Corbijn vedi scheda film

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La recensione su The American

di mc 5
4 stelle

Ero di fronte ad una scelta: o la giostra digitale fracassona con Milla Jovovich oppure questo thriller sul cui manifesto campeggia George "Canalis" Clooney, ancorchè stroncato dalla critica quasi compatta. Posto che tra i miei princìpi esiste una netta separazione tra ciò che è videogame e ciò che è Cinema, non potevo che optare per "The american". La scelta non si è rivelata vincente, ma a volte nella vita bisogna saper scegliere il male minore. E poi, diàmine, mi son detto avvicinandomi alla sala, Clooney resta pur sempre uno dei migliori attori in circolazione, e inoltre di questo regista, tale Corbijn, tutti mi dicono un gran bene e se ha diretto un biopic (che non ho visto) su Jan Curtis dei Joy Division, una certa sensibiltà la deve pur avere. Ma a volte capita che (citazione) "i sogni muoiono all'alba". Non è che si possa parlare tout court di un "film brutto", è che non si capisce come diavolo possa venire in mente a chicchessia di mettere in scena un thriller così bislacco, così curiosamente piatto e inconsistente, dotato di un'anima talmente squinternata da generare nel pubblico un sentimento di tangibile perplessità. Lo spettatore assiste infatti, dopo un breve prologo degno della miglior tradizione thriller-action, ad una brusca frenata o meglio ad un cambio di velocità, tutto viene rallentato, come quando un treno si mette a procedere talmente piano da dare ai passeggeri la sensazione di aver arrestato la sua marcia. Qualcuno potrebbe anche osservare: "che bello, finalmente un racconto che si prende i suoi tempi, dilatandoli e rendendoli umani"...ma anche volendo far l'avvocato del diavolo i conti non tornano. Sì perchè dentro a quei tempi dilatati, non succede quasi nulla, se non che Clooney aggrotta un sopracciglio, strabuzza un occhio o dilata una narice, cose così insomma, su cui la macchina da presa si sofferma, indugia, scruta, come fossero tutti segnali o indizi di qualche cosa. Cosa, non si sa. Sicchè lo spettatore viene tenuto continuamente in sospeso, in attesa di un botto, di un colpo di scena, di uno snodo narrativo, che però non arrivano mai. E allora ecco che in sala ci si arrangia come si può, consultando orologi e telefonini, tra sbuffi e sbadigli. Se la messa in scena ha ben poca fantasia, la sceneggiatura denota totale assenza di brillantezza, di vivacità. La recitazione, da par suo, è del tutto artefatta, priva di guizzi e di partecipazione. E l'effetto è fatale: se Clooney appare poco coinvolto, lo spettatore lo percepisce e si regola di conseguenza, limitando la propria disponibilità a farsi coinvolgere. Ed è difficile comprendere come mai un attore serio e consapevole come Clooney, abbia partecipato ad una operazione di così modesto profilo. Sappiamo che egli ha fortemente voluto questo film (al punto di co-produrlo) per la sacrosanta causa della popolazione abruzzese colpita dal sisma; onore al merito ma, caro George, va bene metterci i soldi, ma allora perchè offrirci una prestazione così artefatta e svogliata? Eppure...nonostante la discutibile resa dell'attore, io mi ostino a considerarlo un incidente di percorso, non sufficiente a minare il prestigio di una carriera consolidata nella quale gli "alti" superano di gran lunga i "bassi". Anzi, io sono sicuro che molto presto ritroveremo il Clooney brillantissimo di "Tra le nuvole" o "L'uomo che fissava le capre". La vicenda è semplice da riassumere, anche perchè gli elementi sono davvero pochi e quei pochi indefiniti e carichi di mistero. Un uomo, killer americano sul viale del tramonto, mentre fa tappa in Svezia, si trova al centro di un evento drammatico in cui perdono la vita (per sua mano) tre persone. Una organizzazione internazionale di cui lui fa parte, gli trova un rifugio in Italia, in un paesino nascosto tra i monti dell'Abruzzo. Ma i criminali che gli danno una caccia spietata, lo intercettano subito anche là, controllandone le mosse e pedinandolo ovunque. E lui come se la passa in questo paesello? Come trascorre le lunghe giornate? La sua agenda giornaliera è monotona. Quando è in casa fa le flessioni oppure costruisce fucili. Ogni tanto va a trovare un parroco col quale beve un cicchetto e dialoga. "Dialoga" è una parola grossa, perchè i due sembrano parlare due linguaggi diversi: praticamente dissentono su quasi tutto. E poi tromba una mignotta "de luxe" con la quale scocca subito la scintilla di Cupido. Intorno a queste figure se ne muovono un altro paio: un meccanico dagli oscuri natali e una donna misteriosa che si gingilla con le armi ad alta precisione. Ebbene, i rapporti che Clooney mantiene con questi personaggi, sono tutti caratterizzati da un notevole tasso di improbabilità, frutto di una sceneggiatura incapace di rendere credibile e solida qualunque relazione interpersonale. Il tutto peggiorato da dialoghi spesso non plausibili. A questo aggiungiamo che tutti (ma proprio tutti) i personaggi sfoggiano un'aria di mistero e di ambiguità che rende l'insieme perfino (involontariamente) umoristico. In particolare a smuovere il sorriso sono i dialoghi tra Clooney e la sua romantica zoccoletta (uno spasso), e quelli tra lui e il sacerdote (ruolo scritto in maniera davvero indecorosa). E lo spettatore arriva perfino a rassegnarsi a vedere, ad ogni stormir di fronda, il puntuale primo piano sul Clooney in ambasce, col sopracciglio aggrottato. Ma le "perle" da enumerare sarebbero troppe. Tipo che Clooney entra in un bar e indovinate che musichetta scatta? "Tu vuoffà l'americano" (simpatico vero?). Poi c'è la scena di Clooney che entra in un bordello (come quelli di una volta, solo più glam e trendy): ma non li avevano chiusi?? Boh. Insomma i momenti ridicoli sono talmente tanti che alla fine il ritmo lento del film diventa il male minore. Anzi, volendo, la si potrebbe interpretare come una scelta stilistica ispirata ad un modo di fare cinema tipico degli anni 70. E' poi presente nel film un dettaglio che io non ho ben afferrato (ma forse è un problema mio). Mi riferisco alla citazione ricorrente della farfalla (simbolo? metafora? de che?) . Pur consapevole che i greci, se ben ricordo, attribuivano a quest'animale determinati significati spirituali, non riesco a capire il senso di questa "trovata". E che dire di un sottofinale che vorrebbe essere all'insegna dell'action-thriller e che invece è girato piuttosto male e non genera alcuna emozione? Quanto poi al fotogramma conclusivo, beh, è un mix di dramma e melodramma sul quale preferisco (per decenza) sorvolare. E veniamo ad un cast particolarmente infelice. Segnalo un breve cameo dell'ottimo Filippo Timi, il quale però sembra inserito come un corpo estraneo. Paolo Bonacelli, rinomato attore soprattutto di teatro, con questo ruolo assurdo e grottescamente interpretato, ha assestato un duro colpo alla credibilità di una lunga e conclamata carriera. Di Clooney ho già detto anche troppo ed insistere significherebbe solo infierire. E veniamo al "caso" Violante Placido, che qui offre una performance inqualificabile, testimoniando un livello tecnico INACCETTABILE. Sa solo bamboleggiare, ed esibire con fierezza e sfrontatezza un corpo da favola (il cui merito, volendo esser pignoli, è da accreditare più che altro alla sua mamma...). Ogni volta che apre bocca, accompagna ogni frase ad una postura o ad uno sguardo inadeguati in quel contesto. Ecco, io credo che questa signorina, assieme alla collega Laura Chiatti, andrebbero  (idealmente) denunciate ad un ipotetico "Tribunale dell'Attore", se esistesse. E penso: che condanna terribile dev'essere quella di essere nate belle come due Dee ed entrambe incapaci di recitare! Ma allora di questo film non si salva proprio nulla? Non è esatto. Intanto i 5 minuti di prologo "svedese" non sono affatto male, ma restano 5 minuti su un totale di 105 di durata. Poi ci sono gli splendidi panorami delle montagne d'Abruzzo e le suggestive stradine dei paesi...Anche se -a proposito di panorami- la vera meraviglia della natura che (si fa per dire) giustificherebbe il prezzo del biglietto, sono i capezzoli eretti di Violante Placido, autentica gioia per gli occhi di noi poveri maschietti etero. Vorrei concludere con quella che io ho eletto a frase-chiave del film. A un certo punto, dopo una scena di sesso tra Clooney e la Placido, lui, invitandola a non mentire, le dice (testualmente): " TU NON DEVI RECITARE". Ecco, lui aveva capito già tutto.
Voto: 4

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