Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
Un Pretty Woman venuto male è la prova che segue l’eccellente film Control (2007) di Anton Corbijn, regista e fotografo di indubbia bravura. Ma, non tutte le ciambelle…, perciò The American è il film che, si vorrebbe scordare. Basta uscire dalla sala ed è già riposto nel dimenticatoio.
Solo ed unico tra gli assassini, Jack è un esperto artigiano nel ‘mestiere delle armi’. Quando un lavoro in Svezia finisce in maniera più cruente di come se lo sarebbe aspettato, questo Americano all'estero promette al suo contatto, Larry, che il suo prossimo incarico sarà il suo ultimo. Jack si ritira nella campagna italiana, fra Castelvecchio e Castel del Monte, a pochi passi da L’Aquila, nascondendosi in un paesino sperduto e godendo la lontananza dalla morte. Il suo compito, come assegnatoli da una donna belga, Mathilde è nella costruzione di un'arma super letale. Sorprendendo se stesso, Jack si rivolge al prete locale Padre Benedetto e inizia una relazione amorosa con la prostituta Clara. Nell'uscire dalla solitudine ed oscurità, Jack però sta provocando la sorte, di sé stesso e degli altri.
Nonostante il film sia tratto dal bel romanzo di Martin Booth “A very private gentleman” e si avvalga di un cast stellare, da Clooney alla Placido, recentemente prestata alla musica e alla Moana più famosa d’Italia, non tralasciando la bravissima Thekla Reuten, Filippo Timi e Paolo Bonacelli, il film di Anton Corbijin è soprattutto inutile, oltre che fatto male. La sceneggiatura sembra scritta da un addetto alle recite parrocchiali, ecco perché lo stesso sacerdote, interpretato da Paolo Bonacelli, affermare che recita è un eufemismo, ma soprattutto ci sono battute degne di nota per la loro imbarazzante banalità (“Sono un prete che riesce a vedere tutto”, “Chissà quanti figli illegittimi sono stati concepiti qui”, quest’ultima detta in aperta campagna abruzzese), non mancano quelle dello stesso Clooney: “Sono americano come il caffè”. The American non è un film d’azione, come tanti sospettano, ingannati da Clooney con pistola sul manifesto. Si tratta, piuttosto, di un lungometraggio che avrebbe la pretesa di affrontare tematiche come la redenzione, e quindi l’espiazione dei propri peccati, per rinascere a vita nuova.
Pretenzioso da parte di Corbjin, un uso della regia dell’interruzione, con tutta una serie di eventi che deviano l’attesa dello spettatore, come quella di quando Clara, anziché tirare fuori una pistola, dalla sua borsetta. estrae un tubetto di crema solare. Eccessivo anche l’uso di una certa simbologia, che vuol essere misteriosamente spirituale, come l’esplicita metafora spirituale della farfalla in via d’estinzione.
Ancora una volta, nonostante si tratti di un film americano, l’unica a sembrare sempre più in estinzione è quella razza umana che sappia scrivere i film. Poi vengono gli attori, il regista e le location che, per quanto incantevoli, ci ricordano i disastri naturali. Tra l’altro, in questo brutto film, a pochi passi dal Clooney, americano in Abruzzo.
Giancarlo Visitilli
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