Regia di Jacques Rivette vedi scheda film
Una donna appena uscita di prigione e una ragazza un po’ sbandata girovagano a Parigi per quattro giorni, fino a una conclusione tragica. Come al solito, i film di Rivette andrebbero sforbiciati di almeno una mezz’ora: c’è qualche situazione intrigante, ma viene sommersa da troppe scene che sembrano puri riempitivi e rallentano l’azione. Per capirsi: le paranoie della giovane, ossessionata da un certo Max, possono evocare alla lontana il clima sottilmente minaccioso dell’opera prima di Rivette, Paris nous appartient; ma poi la sua mania (non motivata) per le arti marziali fornisce spunto a episodi francamente stucchevoli come la sfida a un mostro d’acciaio, che il Castoro accosta fin troppo benevolmente al combattimento di Don Chisciotte contro i mulini a vento. Il film va ricordato per essere l’unica occasione in cui compaiono insieme madre e figlia Bulle e Pascale Ogier, quest’ultima morta tre anni dopo.
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