Regia di vedi scheda film
A volte, nemmeno la migliore e più consolidata compagnia impedisce di sentirsi figli unici al mondo, persone sole e incasinate, sintonizzate su una lunghezza d’onda allocata al di fuori dalla banda tradizionale.
In questa condizione di disagio, si gioca in difesa, in attesa di un fattore esterno che riaccenda la speranza. Magari, come succede in Paper man, raffigurata da un incontro con un proprio simile, in grado di capire il suo dirimpettaio, trascinandolo fuori dal pantano che lo frena anche senza compiere azioni eclatanti.
In piena crisi creativa, lo scrittore Richard Dunn (Jeff Daniels) si trasferisce con la moglie Claire (Lisa Kudrow) a Long Island. Nonostante il nuovo ambiente, Richard non cava un ragno dal buco e continua ad avere in Captain Excellent (Ryan Reynolds),il suo amico immaginario da tempi immemori, l’unica sponda utile.
Qualcosa in lui comincia a smuoversi quando conosce Abby (Emma Stone), un’adolescente insoddisfatta, spalleggiata esclusivamente da Christopher (Kieran Culkin), un personaggio proiettato dalla sua fantasia.
Sebbene il rapporto tra i due sia malvisto da chi li circonda, riusciranno ad aiutarsi vicendevolmente.
Sviluppato dai registi e sceneggiatori Kieran Mulroney e Michele Mulroney sotto l’egida del Sundance, Paper man è una commedia esistenziale con spunti drammatici, nella quale l’uomo di carta del titolo è un appellativo che lo stesso protagonista adopera per evidenziare la propria (presunta) inconsistenza.
La pellicola rispetta in pieno, cioè troppo, il decalogo firmato Sundance. Da una parte è estremamente coerente, asciutta anche quando ti aspetteresti sia pronta a scavalcare lo steccato, ad esempio durante le incursioni dell’amico immaginario di Richard, ovvero Captain Excellent, interpretato da un Ryan Reynolds agghindato in maniera eccentrica, con un costume eccessivo e capello biondo. Dall’altra, annovera fasi stagnanti, nelle quali l’iniziativa è poco, o nulla, propositiva.
Su queste basi, nasce un impasto più orientato sull’essere che sul fare, con un ventaglio limitato di situazioni, ma anche un’affettuosa attenzione nei riguardi della precaria condizione psicologica che determina lo stato di apatia che attanaglia i due protagonisti.
Peraltro, nei loro panni ritroviamo due interpreti sul pezzo, caparbi e preparati. Jeff Daniels offre un saggio del suo innato e trasversale talento, dimostrandosi efficace nel delineare il disorientamento, le nevrosi, le insicurezze e i pensieri contorti che affollano il suo personaggio. Dal canto suo, Emma Stone, qui alle prime armi, è sbarazzina e, quando possibile, palpitante.
Facendo un computo di pregi e difetti, Paper man risulta essere tutt’altro che immancabile, con un’impalcatura volutamente effimera e la poco invitante sensazione di procedere a tentoni, almeno fino a quando non decide che è arrivato (finalmente) il momento di affondare il colpo, producendo un’emozione sincera senza fare ricorso ad alcun tipo di artificio.
Trattenuto (anche troppo) e circospetto, pieno di attenzioni verso le forme di malessere che sfodera.
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