Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Nanni Moretti è l’outsider del cinema italiano, equidistante dalla commedia e dagli autori, o almeno si è inserito e imposto tra queste due preminenti e dominanti zavorre cinematografiche nostrane. Esploso nel ’76 e nel ‘77 con gli indipendenti IO SONO UN AUTARCHICO e ECCE BOMBO, opere spartiacque e irripetibili, ha continuato su questa strada scrivendo, dirigendo e interpretando (spesso con l’alter-ego di Michele Apicella) tutte le sue successive pellicole, aprendo un famoso cinema d’essai il NUOVO SACHER e fondando la SACHER FILM, una sorta di factory sfociata nella produzione di terzi e nell’autoproduzione rigorosamente sganciata dai grandi distributori, tranne che in BIANCA e LA MESSA E’ FINITA prodotti da Achille Manzotti. Caso unico di attore-regista capace di creare una spasmodica attesa ad ogni uscita di film, di catturare attenzione e incassi solo con il carisma che lo hanno sempre contraddistinto e amato/odiato dal pubblico.
Nel 1985 con LA MESSA E’ FINITA ottiene riconoscimenti anche all’estero, entrando nelle grazie dei francesi in particolar modo. Il film e l’autore lo meritano a pieno titolo con un’opera che insieme a BIANCA, PALOMBELLA ROSSA e CARO DIARIO sono dei capisaldi dell’universo morettiano. Moretti/Don Giulio, sbarbato e pallido sorseggia un caffè, passeggia in una strada, poi di spalle lo vediamo tuffarsi in acqua e fare una lunga nuotata, parte il bellissimo accompagnamento musicale di Nicola Piovani e i titoli di testa. Comincia così l’opus n°5, storia di un prete che conclusa la sua esperienza nell’isola di Ventotene fa ritorno nella natìa Roma in una parrocchia di periferia in crisi di fedeli. Don Giulio trova i familiari e gli amici profondamente cambiati, i genitori sono in rotta e apatici come la sorella Valentina, anche gli amici attraversano momenti di sbandamento: Gianni ha una libreria e tra Mao, Lenin e gli atti del partito comunista albanese nasconde un segreto; Andrea ha scelto la lotta armata ed è in attesa di giudizio; Cesare è in crisi mistica e appare il più confuso di tutti; Saverio vive recluso in casa e va a letto alle sei del pomeriggio. La parrocchia è deserta e gli unici che la frequentano sono i bambini che giocano nel campetto di calcio, l’ex parroco si è sposato e decanta la nuova vita coniugale e le lodi del figlio, “non è il primo figlio del mondo” gli urla Don Giulio. Anch’egli è inquieto e muscolare nei rapporti ma tenta ugualmente di instaurare un dialogo un po’ con tutti, trovando sovente muri e ostinazione soprattutto in famiglia. Quando il padre va via di casa per andare a vivere con la giovane amante, la madre si suicida e per il figlio crollano le certezze. Alla fine, durante le nozze di Cesare in cui sono riuniti tutti i suoi affetti, comunica loro la volontà di partire nella Terra del Fuoco dove la gente ha disperato bisogno di conforto. Lo struggente e memorabile ballo finale sulle note di RITORNERAI di Bruno Lauzi segna una ritrovata armonia e il sorriso del protagonista.
In pieni anni ’80 Moretti fotografa il malessere, il vuoto e il fallimento di una generazione e di riflesso di una società, con i suoi tic registici e recitativi registra i disagi del vivere (le manate tra fratello e sorella, il cadere per terra e non rialzarsi, il reiterato tentativo di soffocamento di Don Giulio nella fontana, le risposte sgarbate…), la solitudine che attanaglia i protagonisti, il senso di impotenza di fronte a una realtà immutabile (la rottura del vetro), i ricordi dell’infanzia (esemplare il dialogo con la madre defunta). Il regista de IL CAIMANO gira un film drammatico e profondo, spezza con il suo personalissimo metodo fatto di ironia, moralità e isterismi le situazioni narrate (per esempio il ballo tra componenti familiari sempre al ritmo di TI SENTI SOLA CON LA TUA LIBERTA’ oppure la mania di giocare con una pallina dentro le mura di casa), preciso e maniacale come sul set distribuisce equamente momenti comici e intensi. Un’altra chiave di lettura può essere anche l’analisi lucida e arguta della condizione sacerdotale, le chiese ormai svuotate di fedeli e valori e l’unica risposta sembra essere la doppia fuga (la nuotata iniziale e la partenza per la Patagonia) verso un’altra terra e una nuova realtà. Ottime le interpretazioni: dal protagonista a Enrica Maria Modugno, Ferruccio De Ceresa e Margarita Lozano (i familiari); i feticci Dario Cantarelli, Marco Messeri, Roberto Vezzosi, Eugenio Masciari e Luisa De Santis, l’inedito Vincenzo Salemme (gli amici); i consueti cammei di Giovanni Buttafava, Daniele Luchetti e Luigi Moretti. Importanti i contributi tecnici, tra i quali risulta fondamentale Nicola Piovani, musicista completo e di talento abile come pochi a interpretare gli stati d’animo più nascosti e non a illustrare meccanicamente le scene. Caratteristica già espressa in precedenza con Bellocchio e i Taviani e in seguito con Fellini e tanti altri.
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