Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
“La messa è finita” è la storia di Giulio, che dopo un passato da giovane comunista, decide di farsi prete. A don Giulio viene affidata una comunità parrocchiale molto strana, piena di figure atipiche; in più la sua vita privata non va bene: il padre lascia la madre per una ragazza di 30 anni più giovane, la sorella rimane incinta e non vuol tenere il bambino, la madre muore suicida. Don Giulio decide di farla finita, ma né con la vita parrocchiale, né tantomeno con la vita in generale: va al Polo, dove tutti hanno certamente più bisogno di lui.
La trama non è esemplificativa della malinconia che aleggia sul film, se non si dà un’occhiata allo stile del racconto di Moretti. Il regista, autore e interprete traccia l’esistenza di un curato di periferia, attento alle esigenze degli altri, ma incapace, per “vocazione”, per indole, di ascoltarli. Parla di solitudine, ma ci è immerso, predica la famiglia, ma lui non può farsene una. In realtà perde ogni battaglia, ma non si arrende, accettando nel finale, una sfida ancor più impegnativa.
Ha mille chiavi di volta questo “La messa è finita”: si può capire l’idea politica, l’ideologia pura del futuro girotondino-capo. E spaziando su tantissimi temi, il film lascia intendere le concezioni a tutto tondo dell’autore di Brunico. Perché è questo il vero fine del film: anche se latente e irrimediabilmente soffocata è la concezione della vita da parte di Moretti la vera architrave del film (di ogni film?) di Moretti.
La valutazione del valore puramente cinematografico dell’opera, stavolta, sa andare ben oltre la sufficienza. Rimane qualche lacuna nei dialoghi ed una recitazione forzata di quasi tutti i personaggi, ma per “La messa è finita” la regia è più attenta: ci regala profondità di campo e alterazioni audio (alla Bunuel) che rappresentano elementi caratterizzanti ed azzeccatissimi dell’aura che il regista vuol conferire al film.
Citazione per un giovanissimo Vincenzo Salemme, davvero sorprendente soprattutto per la dizione.
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