Regia di Tom Six vedi scheda film
Seduto nella propria auto ferma in sosta sul ciglio di una strada in prossimità di un bosco, in Germania, un uomo osserva piangente le foto di tre rottweiler posti in rigorosa fila indiana. Poi, dallo specchietto retrovisore, vede arrivare un autoarticolato che gli si parcheggia dietro: quando colui che ne è alla guida scende dirigendosi a passo spedito verso il primo cespuglio con un rotolo di carta igienica in mano, questi, asciugatosi le lacrime, molla le foto e imbraccia un fucile, aspettando che l'altro si cali le braghe per sparargli una freccia al sonnifero. In un punto più fitto dello stesso bosco, quella stessa sera, due turiste newyorkesi dirette ad una festa forano una gomma e restano con la macchina in panne. Incapaci di sostituirla, dopo aver constatato che (guardacaso) i cellulari non prendono, e dopo aver chiesto invano soccorso ad un pervertito che passava di lì per caso, decidono di avventurarsi a piedi giungendo, dopo un'ora di cammino, alla villa dell'uomo che pocanzi aveva impallinato il camionista.
Trattasi del dottor Josef Heiter, un chirurgo di fama mondiale che, dopo essersi affermato come il migliore nel campo della separazione dei gemelli siamesi, s'è ritirato a vita privata proseguendo i propri studi ed esperimenti nella direzione diametralmente opposta, ossia quella dell'unione di corpi diversi. Perché i rottweiler da lui pianti nella scena introduttiva, che ora giacciono nel giardino antistante la casa sotto una lapide con su scritto "Il mio caro tri-cane", altro non erano che il prototipo di una nuova specie creata chirurgicamente. Drogate le ragazze e legate a dei letti nella cantina adibita a sala operatoria, e rimpiazzato il camionista (ucciso perché geneticamente incompatibile) con un giapponese catturato di fresco, lo scienziato si accinge a portare a termine la propria missione: saldare i tre malcapitati tra loro tramite connessioni bocca-ano così da formare la testa il corpo e la coda di un centipede umano dotato di un unico apparato digerente.
Scritto e diretto dall'olandese Tom Six, The Human Centipede (First Sequence) si accartoccia su sé stesso fin da subito per via di una sceneggiatura vacua e inoffensiva che vorrebbe lucrare per 90 minuti su una singola trovata (sgangherata morbosa e perversa, che in mani migliori avrebbe potuto dar risultati senz'altro più onorevoli), riciclando cliché già largamente abusati e ricorrendo ad inutili riempitivi per ovviare all'assoluta carenza di (altre) idee.
Disinteressato a costruire la benché minima empatia tra lo spettatore e i personaggi, Six non si preoccupa neppure di fornirli di caratterizzazioni almeno decenti, confinandoli in una monodimensionalità sterile e stucchevole. E se anche il protagonista Dieter Laser prova a donare al proprio medico pazzo qualcosa in più attraverso un'interpretazione compiaciuta e sopra le righe, ad appiattire il tutto interviene una messinscena di disarmante pochezza, coadiuvata (si fa per dire) dalla mediocrità manifesta di un gruppetto d'attori senza spessore alle prese con ruoli privi di spina dorsale, in cui la palma del peggiore va per distacco al ragazzo giapponese interpretato da Akihiro Kitamura, insopportabile e logorroica fucina di luoghi comuni, cui spetta la scena più scult («Cazzo, devo cagare, perdonami») e battute da far accapponare la pelle perché ridicole o gravemente fuori contesto (tra tutte il breve inatteso gratuito e inconcepibile monologo nel pre-finale).
A Tom Six manca il coraggio di osare, manca la forza di dare corpo al racconto e di donargli profondità, e mancano le qualità ed il gusto (buono o cattivo che sia) utili a garantire per lo meno una resa estetica decente. Il suo film si trascina stanco lento e prevedibile, senza sussulti né sorprese, fino ad un epilogo squallidamente in linea con tutto quanto l'ha preceduto, con l'avvento di due poliziotti dal Q.I. sotto zero che operano scelte idiote come d'altronde già tutti gli altri prima di loro, e senza che il centipede o il suo creatore guadagnino mai, nemmeno per sbaglio, quel poco di potenza o di fascino necessari a dargli il dovuto peso specifico.
The Human Centipede (First Sequence) è un film inutile ed innocuo, un horror che non inquieta e non spaventa, un torture porn che non impressiona e non disgusta, un'operazione fallimentare che vorrebbe sconvolgere ma in realtà annoia, riuscendo qua e là a risollevarsi dal torpore per esclusivo (de)merito di qualche sporadico momento di comicità rigorosamente involontaria.
Un seguito, The Human Centipede II (Full Sequence), sempre ad opera di Six, è dato in uscita imminente negli States, ed un terzo episodio è stato già minacciato dal regista in caso di successo del secondo: chi pensa sia possibile cavare sangue da una rapa si metta pure in coda; per gli altri il consiglio è di astenersi anche da questo scialbo ed estenuante primo capito(mbo)lo.
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...io tremo all'idea del secondo. A quanto pare l'elemento forte sarà la "sequenza" estesa a 12 persone. Amen.
azz..,gli hai fatto barba e capelli...credevo che ti potesse piacere per lo spunto malato da cui parte il tutto.Poi hai ragione ,la realizzazione è quella che è...
@Spaggy: già, e a giudicare dalla pochezza della trama pare proprio che l'ampliamento degli elementi da 3 a 12 sia la parte più fantasiosa ed interessante della storia... @bradipo68: un conto è lo spunto malato, ma intorno bisognerebbe costruirci un film, e (soprattutto) dimostrare di essere in grado di farlo! L'impressione che lascia l'oretta e mezza di questo horror senza nerbo che vuol passare per trasgressivo ma poi dota i 3 componenti della creatura di ridicoli ed inspiegabili mutandoni pur di non offendere il comune senso del pudore, è di essere il parto di un regista assolutamente mediocre che ha trovato il modo per fare un po' di soldi ed ora (vedasi il sequel in uscita ad ottobre negli Stati Uniti con dichiarazioni roboanti - per modo di dire - come quella quassù riferita da Spaggy, ed il terzo capitolo in cantiere) batte il ferro finché è caldo per guadagnarci il più possibile.
ho visto di peggio. il finale è ridicolo, è vero. l'idea però è originale, malata, ma originale. poi mi sa che di soldini per girare qui ne hanno spesi pochi ed il risultato è più che sufficente per me. è chiaro che farò a meno di vedere il secondo ed il terzo però.
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