Regia di Marco Risi vedi scheda film
43 anni dopo il dramma di "Sciuscia'",il cinema italiano ripenetra nella cornice amara delle carceri minorili.Vorrei cominciare "l'analisi" del film con una considerazione sul genere carcerario nel nostro cinema,di cui recentemente c'è stato il trionfo a Berlino e ai David di "Cesare deve morire" dei "vecchietti terribili"! Paolo e Vittorio Taviani, che non ho ancora visto(purtroppo), cerchero' di rimediare il prima possibile a questa mia "eresia" nei confronti di un tema (e un cinema) che adoro tantissimo.Escludendo questa felice parentesi odierna,"il prison movie" made in Italy è rimasto sempre di nicchia rispetto alle imponenti produzioni Hollywoodiane che vantano film come: Papillon,Fuga di mezzanotte fino ad arrivare al Miglio verde o le Ali della liberta',"filmoni" con elementi che in alcuni casi sono stereotipati fino all'osso.Criminali mostruosi,evasioni spettacolari,rivalita' etniche,"ditta-direttori",il cinema americano ci ha offerto negli anni dei "polpettoni con le catene" godibili al cento per cento nella loro veste nuda e cruda.Il cinema tricolore nelle prigioni invece non è mai decollato del tutto, escludendo film straordinari come: "L'istruttoria è chiusa dimentichi" o "Detenuto in attesa di giudizio" incentrati su drammi giudiziari che sondavano in modo relativo "l'animo delle carceri", ci sono state poche eccezioni che sono entrate nel respiro delle "mura infami" ovvero:"Il camorrista" (1986 Tornatore)un ottimo drammone carcerario in salsa partenopea,ispirato alle "gesta" del boss Cutolo,che nel napoletano è un cult assoluto, ancora oggi ricordato e ricitato a memoria.Lo scorso anno è stata la volta di "Vallanzasca gli angeli del male",il carcere di Placido è un universita' del crimine,un film straordinario,oggetto di polemiche della "solita" intellighenzia perbenista,"pena": un film "boicottato" e sottovalutato,nonostante la straordinaria enfasi realista di un escalation criminale in salsa meneghina.Nell'arco di questo quarto di secolo (1986-2011), nel 1989 è stata la volta di "Mery per sempre",Marco Risi ispirandosi al libro omonimo di Aurelio Grimaldi ambientato nel carcere Rosaspina di Palermo,da la luce ad un piccolo gioiello per il quale la critica conio' il termine "neo-neorealismo".Un esempio raro di cinema intelligente,utile e coraggioso,tutto qello che è nel film vive nel film,facce,luoghi e situazioni sono i pezzi di una realta' di strada,un corollario irripetibile di emozioni e "valori" umani stampati nell'animo di giovani palermitani.Questi ragazzi sono l'umanita' di un degrado figlio dei quartieri piu' malfamati di Palermo,dove "vince" chi è piu' "malacarne",un crogiuolo di realta' che (forse) sarebbe piaciuto a Pasolini,i giovani detenuti sembrano discendenti dei vari Accattone o Ettore di "Mamma Roma",i borgatari pasoliniani erano pero' legati ad un antropologia da suburbio romano,i giovani di Risi sono invece permeati di una "cultura" di stampo mafioso.In loro vive la desolazione di chi è nato disgraziato,il tutto riassunto nella frase di Pietro(Claudio Amendola):"Professo' io sogno malacarne,ci nascia accussi' nun c'è nient'a fare..." una frase dal destino segnato,librata in un ambiente diretto da Risi con realismo autentico che non scende mai nel compromesso, che si fonde in un degrado non cercato ma autentico.Le mura del carcere Rosaspina sono squallide e malinconiche,qui non vige rieducazione ma solo brutalita' senza diritto di replica.L'altra faccia del film è quella di Marco Terzi (un grande Michele Placido) quella giusta e risoluta,un "eroe borghese" che fa il suo lavoro,i rapporti con i suoi alunni all'inizio sono intrisi di diffidenza e acredine,per poi diventare sempre piu' intensi e partecipi.Il professor Terzi insegna a questi disagiati il diritto alla vita e il rispetto per gli altri e se stessi erigendosi cosi' ad un paladino del diritto umano e civile.Un educatore di quelli rari in Italia di cui avremmo tanto bisogno e che il regista coadiuvato dagli sceneggiatori Rulli e Petraglia (il loro primo film) rende parte di noi coinvolgendoci in una vicenda amara ed emotivamente forte.Vedendo "Mery per sempre" ci si pone di fronte ad una riflessione: il posto e l'ambiente dove si cresce possono segnare la vita di un individuo? questo film è la risposta,di come nel nostro paese ci sono realta' dove l'autodistruzione e l'abbrutimento sono imperanti...Ma non sempre è cosi',la scena finale ci mostra un albero che dara' i suoi frutti un inno alla speranza in un quadro tragico.....
Il suo film piu' grande,in tutto: nella regia,nell'impostazione degli attori,nell'emotivita' e nel crudo realismo che predomina in questa bellissima storia.Un film da non dimenticare.....
Prova eccelsa,un personaggio difficile.forse dai toni retorici,ma ricco di un umanta' fuori dal comune....Indimenticabile...
Non era facile svestire i panni del bullo romano ed immettersi in quelli di uno sgherro palermitano,bella prova,si mimetizza ottimamente con il resto del cast...Risi affermo' in un intervista che avrebbe voluto da Amendola una recitazione sgangherata,alla pari con gli altri per dare a Pietro un impronta reale.Quando Risi mostro' il film al padre (Dino) gli chiese cosa ne pensava della prova di Amendola,il grande Dino rispose: "Chi era"??....questa risposta dice tutto...
Il suo personaggio è il piu' "controverso" all'interno del film,è quello piu' sensibile e dal tono delicato,che vive la sua condizione di "diverso" in maniera "serena".....Di Sanzo è poi diventato realmente donna,oggi non si sa che fine abbia fatto.
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