Regia di Marco Risi vedi scheda film
Fu un pugno allo stomaco, si parlò di neo-neorealismo e la critica iscrisse Marco Risi tra i nomi su cui puntare per l'immediato futuro, anche se negli anni e a causa di scelte sbagliate, il figlio di Dino non ha mantenuto le incoraggianti previsioni: ma "Mery per sempre", che con l'appena successivo "Ragazzi fuori" compone un dittico imperdibile sul mondo dei giovani della Sicilia povera e in mano alla mafia, che riporta in auge l'importanza del cinema di Rosi e compagnia bella, sulla forza della settima arte come oggetto di discussione e modo di affrontare problematiche sociali e civili. Il film interpretato quasi esclusivamente da ragazzi presi dalla strada, tranne Michele Placido e Claudio Amendola (Tony Sperandeo, qui all'esordio, fu lanciato da questo lungometraggio) apre uno squarcio su una realtà odiosa, su una società che corrompe in partenza nuove vite e fa crescere una gioventù prigioniera del marcio che vegeta tutto intorno. Risi equilibra la gravità del narrato con la vitalità disperata e più volte inducente al sorriso di certi aspetti naif dei ragazzi, ma gli affondi drammatici sono di quelli che non si dimenticano. Un applauso è da dedicare al cast in coro, e c'è l'occasione per la più bella interpretazione di Amendola, ragazzo sbagliato eppur in qualche modo personaggio commovente, che nella bellissima scena della fuga dalla polizia è al centro di una sequenza cinematografica da antologia.
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