Regia di Brian Koppelman, David Levien vedi scheda film
"Solitary man" si apre sulle note dell'omonima canzone di Neil Diamond qui interpretata dal mai troppo compianto Johnny Cash. Il brano accompagna le gesta quotidiane di un Michael Douglas in piena crisi di mezza età (anche se l'anagrafe lo collocherebbe già oltre) che si trascina da un fallimento all' altro. Egocentrico, arrogante ed immaturo, il protagonista si complica non poco l' esistenza quando si porta a letto l'appena maggiorenne (ma decisamente precoce) figlia della ricca compagna che lo mantiene. Sbattuto in mezzo alla strada senza alcun tipo di prospettiva, quello che un tempo era un implacabile venditore di successo, si ritrova progressivamente senza lavoro, senza casa, respinto dall' unica figlia naturale ed infine malmenato da un improbabile galoppino inviato sempre dal padre della suddetta ragazzina concupita poco tempo prima. Quello messo in scena in maniera piuttosto distaccata dai registi David Levien e Brian Koppelman è il dramma, o meglio il declino, di un uomo mediocre. Un debole, essenzialmente, che alla sola idea di poter essere malato, abbandona famiglia ed onestà per rincorrere emozioni facili ed effimere come il sesso occasionale e la truffa. Un egoista talmente soggiogato dalla propria vita dissipata da intendere le relazioni umane come mere transazioni finanziarie e da non accorgersi delle persone che vorrebbero aiutarlo a risalire la china come il giovane ed ingenuo studente interpretato da Jesse Eisenberg o come il simpatico amico d'infanzia Danny De Vito che lo aiutano a rialzarsi dopo varie cadute (anche di stile) per non parlare poi della prima moglie, impersonata da Susan Sarandon, che nonostante tutto lo soccorre e gli offre una seconda possibilità in un finale sospeso. Un film scritto senza particolari guizzi creativi e dalla messa in scena ordinaria che ha però in dote un buon cast trascinato dalla convincente ed in parte autobiografica prova di Douglas Jr. Difficile provare empatia per il suo Ben Kalmen ma ci fosse stato un happy-end conciliatorio, allora avrei appioppato quasi sicuramente due stelle. Fortunatamente, come termina la storia, è a discrezione dello spettatore ed io ho optato per lui che imperterrito corre dietro all'ennesima sottana. Cinico forse ma, a mio avviso, più realistico.
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