Regia di Pasquale Festa Campanile vedi scheda film
C'era un giocatore della massima lega professionistica italiana di basket che si chiamava Fantozzi, immaginate se sbagliava un tiro libero.
Paolo Rossi per molti è un calciatore leggendario ma per alcuni è più un comico milanese molto basso ma a conti fatti è il ragazzo della porta accanto.
L'eroe di questa storia ha invece un altro problema di omonimia, si chiama infatti Niccolo' Vivaldi, di professione violoncellista e quindi il paragone con lo storico compositore autore di La primavera gli va un tantino scomodo e la cosa ancor più paradossale è che la gente non si ricorda neppure che è un musicista accentuando i suoi complessi di inferiorità fino alla depressione.
Il povero Niccolò è inmprigionato fra le file degli archi dell'orchestra di turno e sogna un assolo che lo faccia emergere dal flusso sonoro composto da mille strumenti fra i quali il suo violoncello non potrà mai distinguersi.
Essendo musicista da una vita comprendo la sofferenza di Niccolo': ha il volto di tanti artisti non solo musicisti che sognano di volare ma la realtà è ben diversa e pochissimi ce la fanno, inoltre il suo strumento è bellissimo ma triste intrasportabile e anche un po' sfigato, ricordate Woody Allen in Prendi i soldi e scappa come lo aveva usato, mentre i Beatles in una canzone epocale come Eleonor Rigby lo hanno utilizzato solo ed esclusivamente con le loro voci per farvi capire che i fenomeni sono tali perchè nascono una volta per secolo quando va bene.
Il povero violoncellista disilluso ha un solo asso nella manica per non essere più quell'uomo invisibile che è condannato ad essere: una moglie da urlo che comincerà a sfoggiare come un diamante luccicante ed attraente fino a raggiungere la pazzia alle soglie del cuckold.
L'adattamento del romanzo di Luciano Branciani è riuscito sotto tutti i punti di vista: intrattiene con una sceneggiatura attenta tradotta in immagini da un Campanile in stato di grazia tanto che lo reputo il suo miglior film, la scelta di certe inquadrature non è casuale e in particolar modo la sequenza del treno in cui Vivaldi sembra mettere in atto una rapina mentre in realtà ha ordito un piano per far vedere nuda sua moglie ad un gruppetto di addetti alla ferrovia sporchi e sudati è costruita benissimo e consegna su un piatto d'argento allo spettatore il chiaro messaggio del film ovvero che per certi uomini la loro donna è solo una bella bambola da mostrare agli altri come un trofeo, un traguardo raggiunto che molti non taglieranno mai, ma non sono tutte rose e fiori e la donna oggetto è solo un paravento per il crollo delle illusioni che l'età adulta impone e molti non riescono a accettare e poi la stima e l'invidia causate agli altri sono del tutto artificiose perchè riflesse dallo specchio della bellezza della propria compagna ma se lo specchio si rompe l'illusione svanisce.
Il tono non sfocia mai nella volgarità gratuita ma il film è comunque annoverabile nel filone soft core che andrà di moda negli anni settanta, forse è il primo nel suo genere anche per la presenza di Lando Buzzanca che è bravo a non eccedere mai nella macchietta ed attenersi al copione oltre che alle direttive del regista.
La chiosa doverosa è per la bellissima Laura Antonelli perfetta nel ruolo della donna oggetto non solo per come madre natura l'ha fatta ma anche perchè è completamente passiva come il ruolo richiedeva e questo film le aprirà la strada per una notevole carriera da sex symbol non solo in Italia ma anche negli States tanto che nei film americani del suo periodo di attività professionale può capitare di sentire battute del tipo "Mettiamo su un film con Laura Antonelli".
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