Regia di Henrik Ruben Genz vedi scheda film
Il poliziotto Robert (Jakob Cedergren), dopo dei trascorsi poco commendevoli in quel di Copenaghen, viene trasferito in un lontano paesino abitato da poche anime, semidesertico, caratterizzato dalla presenza di una enorme, misteriosa palude che pare racchiudere nelle sue viscere molti segreti, divenuti ormai quasi leggenda. Non esattamente a proprio agio nella sua nuova collocazione, Robert entra in contatto con alcuni personaggi: Zerlang (Lars Brygmann), il medico del paese, dedito più che altro a somministrare a se stesso e agli altri una generosa quantità di pillole non tutte precisamente lecite, Ingelise (Lene Maria Christensen), una donna malinconica anch’essa emigrata al paese e dal paese mai totalmente assimilata, e il marito di questa Jorgen (Kim Bodnia), violento e strafottente, amante dell’alcool (ma chi non lo è in paese?), abituato a picchiare sua moglie e piuttosto inviso a tutta la comunità proprio per i suoi metodi che tendono a disturbare il quieto vivere, fatto di birre e di partite a carte. Tra Ingelise e Robert nasce presto un’intesa: Robert è separato da sua moglie e dalla sua bambina, Ingelise vive un infelice matrimonio, e la gelosia furente di Jorgen non tarda a manifestarsi. Un tragico incidente tra i tre, darà la svolta alla storia, portandoci ad un finale paradossale ed amaro.
Già in questa stagione cinematografica che si sta concludendo, uno dei film a mio parere più belli, cioè “Il Sospetto” di Thomas Vinterberg, aveva confezionato per il cinema danese un ritratto simile a questo, dove una piccola comunità chiusa in se stessa e riluttante ad ogni corpo esterno che vi si insinui (sia esso persona o accadimento), tende spietatamente ad annientare l’intruso cercando di espellerlo, oppure cannibalizzandolo nei modi più subdoli. Per tutto questo “Terribly Happy”, con la sua fotografia scura ed inquietante, l’aria che si respira è pesante, cupa, mefitica come i miasmi della palude, e lascia avvertire costantemente il pericolo, la possibilità di sprofondare da un momento all’altro, per un’inezia, nelle sabbie mobili dalle quali, si capisce bene, non c’è possibilità di salvezza. Molto apprezzato e premiato per regia, sceneggiatura e cast in numerosi festival non solo danesi, qui da noi è ovviamente un film fantasma, come nelle migliori tradizioni della nostra distribuzione.
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