Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Partendo dal gioco di parole che dà il titolo a questo frammento delle Histoires du cinéma, Godard introduce il discorso sul potere affabulatorio, di creare nuovi mondi e realtà parallele e soprattutto di farvi credere lo spettatore, che il cinema possiede. Il passo è breve fra la Nouvelle vague, il movimento cinematografico francese che vide esplodere fra gli altri anche il talento di Godard, alla fine degli anni '50, e una 'vague nouvelle', un racconto impreciso, sfocato, alla maniera proprio del regista, sempre caotico, vulcanico, a tratti persino contraddittorio, sicuro soltanto di non avere alcuna certezza. Anche questo capitolo, 27 minuti di durata, si sviluppa esteticamente come i precedenti cinque dell'opera (in totale saranno otto): frammenti di film del passato a cui Godard si ispira per il suo discorso vengono citati mentre la voce fuori campo del regista commenta, spiega, sentenzia, suggerisce, crea e disfa l'atmosfera e i toni di un monologo 'vago' durante il quale di tanto in tanto compare anche l'immagine dello stesso Godard. Gli incroci con i precedenti episodi delle Histoires, giunti ormai al sesto, si fanno sempre più frequenti; la (voluta) sfocatura del discorso fa sì che questo sia però uno dei meno coinvolgenti. 6/10.
Godard ci parla del potere affabulatorio del cinema, di Nouvelle vague e di vague nouvelle (una novella vaga, una storia non del tutto definita).
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