Regia di Jake Goldberger vedi scheda film
Don McKay è un bidello di una scuola con una vita improntata alla più totale solitudine ed emarginazione, al punto che non abbandona mai la sua “uniforme” di lavoro anche quando non è in servizio, probabilmente perché è il suo modo di appigliarsi ad una qualche identità sociale che giustifichi seppur in modo blando la sua esistenza. E’ talmente solo che pur sapendo che l’invito che riceve è falso, il mittente non è una sua fiamma giovanile (sapendo benissimo che quella autentica è morta in un incendio) ma sicuramente una malintenzionata che probabilmente lo metterà nei guai, lui si reca nella sua città natale e sta al gioco, pur sapendo che è tutto falso, ingannevole. Ma almeno riceve delle attenzioni, anche se fasulle, strumentali agli scopi occultati che prima o poi emergeranno. Il problema è che se lui non è una cima non lo sono neppure le persone che lo attendono, quelle che hanno imbastito la trappola, in un giro di inganni reciproci e ingenue furberie da fiera di provincia che sfoceranno in tragedia stupida, insulsa, paradossale e grottesca. Lui, suo malgrado, nonostante il suo apporto risolutivo sia stato modesto, essendo individuo monocorde di non agile comprendonio, ne verrà fuori incolume e potrà ritornare alla solitudine precedente, dopo aver constatato che i diversivi sono troppo rischiosi … Splendida l’interpretazione del protagonista da parte di Thomas Haden Church, da manuale di psicologia clinica, credetemi che non è facile essere inespressivi alla Chuck Norris per tutto la durata del film, in ogni singola sequenza, dovendo rappresentare un individuo cui la solitudine ha privato di ogni emozione ed aspettativa, una specie di depresso e pessimista cronico. Direi complessivamente un film dignitoso, sufficiente.
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