Regia di Robert Parrish vedi scheda film
E' un western dall'andamento meditativo e come intimista, benché la trama sia complessa e comprenda guerre, passaggi di confine, indiani, e trafficanti di armi. Su tutta la vicenda aleggia una storia d'amore stentata e problematica, che comunque ha un ruolo chiave nella trasformazione del personaggio del protagonista. All'inizio del film è uno spiantato senza dimora, trafficante di armi, opportunista ed egoista. La chiave del suo cambiamento è alcune frasi che gli dice la moglie dell'ufficiale (innamorata di lui). Gli sputa senza peli sulla lingua quello che pensa di lui, che poi è quello che è veramente. Il suo è solo uno sfogo dovuto alla delusione di non essere ricambiata, però finisce per essere un salutare scossone per l'impenitente avventuriero, il quale prende coscienza di quello che è diventato. Questo è in fondo il primo passo per ogni conversione.
E' un film in cui Mitchum doveva credere molto, perché ci mise i suoi quattrini per produrlo. E forse, chissà, che vedesse nel personaggio del protagonista un po' di se stesso... Nel ruolo dell'ufficiale troviamo l'eternamente secondario Richard Conte, che però se la cava bene come al solito. Julie London interpreta bene il personaggio della donna che sposa un uomo solo per il suo prestigio sociale, senza amarlo. Bella, a questo proposito, la scena in cui il protagonista smaschera la sua finzione e il dolore che ne ricava.
La limpida fotografia ci offre diverse belle vedute delle regioni semi-desertiche tra Texas e Messico, ma molto lontane dall'effetto cartolina. L'ambientazione, infatti, è invernale, con in certe scene fango e nebbia.
Di Robert Parrish preferisco "Pianura rossa", ma anche questo film ha una dignità e una peculiarità tutta sua. E' un regista sì dotato di capacità tecniche, ma il cui merito maggiore è forse il narrare gli eventi a partire dall'interiorità dei personaggi. E questo è un elemento che merita rispetto, specie oggi.
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"Un uomo si soppesa in un minuto", dice il vecchio contadino a Robert Mitchum. D'accordo con te Baliverna, questo è un gran bel western! Lento e meditativo, anticipa temi e situazioni che affioreranno nel cinema americano degli anni 60 e 70. Al centro c’è il disorientamento di un uomo (e con lui di un popolo) tra due mondi e due culture, alla disperata ricerca di stabilità. Dici bene su Robert Parrish, regista molto sottovalutato ma tecnicamente bravissimo: "Pianura rossa" mi aveva sorpreso per la grande abilità nell'uso del colore e dei primi piani, "Il meraviglioso paese" è invece la sua opera più matura e definitiva.
Grazie del tuo commento. Sono bei film questi, e anzi tu mi hai stuzzicato a rivedere questo "Meraviglioso paese". Conosci i western di Budd Boetticher? Probabilmente sì, ma se no, te li consiglio. Un saluto.
Si si, di Boetticher ho visto quasi tutti i film della Ranown con Randolph Scott. Un altro grandissimo autore che ha lasciato una impronta indelebile nel western con opere indimenticabili, incentrate sulla vendetta e sui rapporti incrinabili e precari tra i personaggi, sempre pronti ad esplodere. Il più bello secondo me è "I sette assassini", seguito subito da "L'albero della vendetta", "I tre banditi" e "La valle dei mohicani". Assolutamente da vedere. Grazie a te per questa bella discussione cinefila! Ciao
Ho visto tutto tranne "I sette assassini". Non mancherò di farlo, non appena mi capita a tiro.
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