Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
La giovane moglie di un antiquario, che la tratta come un oggetto, ha una relazione con un ingegnere: progetta di fuggire con lui in Brasile, ma all’ultimo momento rinuncia per non abbandonare il marito malato e il figlio piccolo. Anni dopo i figli sono diventati due, entrambi laureati in medicina; dal Brasile arriva la notizia che l’ingegnere è morto lasciando una fortuna in eredità al minore, che così potrà aprire una clinica privata, suscitando la gelosia del maggiore (alimentata anche da un’infermiera maligna). Ispirato a Pierre e Jean di Maupassant, o meglio al film che Cayatte ne aveva tratto nel 1943, è un potente melodramma con un intreccio di passioni forti. Protagonista è la donna, che (come da titolo) ha sacrificato l’unico amore della sua vita, ha sempre sofferto in silenzio e solo alla fine, rimasta vedova, può tirare fuori dalla cassapanca la foto dell’ingegnere ed esporla in bella vista sul camino nell’attesa della fine. Ma è notevole anche il figlio maggiore, che a un certo punto comincia a comportarsi come Amleto, buttando là allusioni cattive; e c’è una simil Ofelia che gli preferisce il fratello minore, accentuando così il suo disprezzo per le donne. Buñuel ha dichiarato ripetutamente di considerarlo il suo film peggiore, e come al solito non si sa mai quanto prendere sul serio le sue parole: se era sincero, si può dire tranquillamente che sbagliava.
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