Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Una moglie infelice si innamora perdutamente di un uomo che avrebbe dovuto aspettare da libera.
E' probabilmente il film meno personale di Bunuel, dove cioè non si trovano in suoi caratteristici elementi: inquadrature su dettagli non inerenti alla trama, simbolismi senza significato, dialoghi interrotti sul più bello, sogni, cascami di cattolicesimo personaggi con manie segrete, ecc.... Di tutto questo non c'è traccia, purtroppo. Diciamocelo, i fan del regista godono quando si imbattono in queste cosette, e parimenti ne rimangono delusi quando non ce ne sono.
Precisato questo, devo però ammettere che è un film abbastanza buono, ben diretto e recitato, non molto diverso dai melodrammi coevi di Matarazzo che sbancavano i botteghini italiani proprio in quegli anni.
Quanto alla trama, vediamo una donna moglie infelice di un uomo che non ama né ha mai amato (quindi infelice per colpa sua), e che pertanto è molto vulnerabile verso terzi. Infatti, quando conosce il vero amore, questo le se impianterà nel cuore e non riuscirà più a liberarsene, ammesso che lei lo voglia veramente. Se lo porta dentro, e con ciò finisce per “autodenunciarsi” e per far trapelare molti anni dopo quello che all'epoca era riuscita a nascondere. E' questo un tradimento molto più serio di quello di un personaggio come Effi Briest, nel romanzo di Theodor Fontane e nel film di Fassbinder; lei tradì per noia e debolezza, la protagonista di questo film, invece, si innamora molto seriamente e non se ne libererà mai più.
Interessante il personaggio del marito, uomo intelligente nel mondo in società, ma rozzo e ingenuo in fatto di sentimenti, fatto che lo rende completamente cieco verso la tresca che si consuma dietro le sue spalle. Lascia pure il segno il passionale e volitivo figlio primogenito.
Insomma, sarà pure che Bunuel ha girato poco convinto, ma è pur sempre Bunuel, e certi cineasti semplicemente non sono capaci di girare qualcosa di brutto.
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