Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Il grande regista è quello che in ogni film restituisce a chi guarda una sua idea del cinema e del mondo qualsiasi sia la storia che racconta o l'ambiente che descrive. Il minimalismo di un quartiere portoghese diventa teatro di un racconto che sa passare dal realismo al surrealismo senza stacchi, che sa descrivere la povertà con ironia e che sa esprimere un pensiero universale che ci riguarda tutti. La guerra tra poveri diventa una gara per ottenere il riconoscimento ad avere assistenza, ad essere più povero e sfortunato degli altri per essere autorizzato ad avere una cassetta. La disperazione libera dalle incombenze sociali, la compassione nell'Europa della moneta genera ricchezza. Non tutti i poveri sono uguali se non hai dietro una storia non ti puoi guadagnare l'elemosina dei ricchi, agli altri resta l'invidia di non essere abbastanza svantaggiati per avere una cassetta. Il nostro ha potuto vivere un periodo nel quale la povertà era condizione diffusa da vivere come condizione naturale senza pretendere o ricevere nessuna beneficienza. Oggi che i cinema chiudono, il vino non viene più apprezzato e i professori di musica restano disoccupati ottenere lo status di povero diventa una conquista paradossale ma decisiva, simbolica ma concreta. Quando De Oliverira pensa cinema lo fa attraversando tutto il cinema che conta, che conosce l'importanza della narrazione ma che non dimentica la necessità delle metafore. Quando riesce come qui a equilibrare le due cose il suo cinema è semplice e profondo come pochi risultando un autore irrinunciabile, il più grande per anagrafe e per le riflessioni che ci costringe a fare.
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