Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
De Oliveira (86enne) ed il suo cinema della nostalgia, così profondamente lucido ed umano: quasi come una fiaba, la messa in scena di A caixa (‘la cassetta’, delle elemosine) è semplice e diretta, di immediato effetto, con pochi personaggi di base e numerosi incontri che scandiscono le ore della giornata (metafora esistenziale al pari della scalinata lungo il vicolo). La tragedia finale è compensata con l’ironia della ‘santificazione’ popolare della ragazza rimasta orfana e con il marito in galera, lavoratrice indefessa e rassegnata ad una vita logorante e ben poco remunerativa: e anche questa cos’è in fondo, se non un’allegoria della sofferenza gioiosa che è la vita? Tratto da un testo teatrale di Prista Monteiro, A caixa rispetta i canoni del Maestro De Oliveira: dialoghi intensi, camera fissa, una nostalgia ed un esistenzialismo tutti portoghesi. 6,5/10.
In un vicolo di un quartiere povero c’è un cieco che fa la carità. Il paese gli passa davanti: qualcuno lo prende in giro, una prostituta di cuore gli lascia qualche soldo, dei ragazzacci gli prendono la cassetta dell’elemosina e cominciano a giocare lanciandosela, mentre lì accanto la figlia del cieco stira camicie ininterrottamente senza lamentarsi. Ma a un certo punto la cassetta sparisce; il marito della figlia minaccia con il coltello alcuni delinquentelli: finisce male per tutti.
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