Regia di Jacques Rivette vedi scheda film
Non è del tutto infondata la teoria secondo la quale un regista, nel corso della sua carriera, continui a rifare sempre lo stesso film: si prenda ad esempio Jacques Rivette, uno dei maestri della Nouvelle vague francese, che ha fatto di alcuni topoi (brutto da usare, ma efficace qui) i fermissimi punti cardine del proprio universo artistico. Parliamo delle figure femminili, possibilmente giovani; della Parigi svuotata dalle vacanze estive o notturna, quasi indifesa, mai desolata; dell'utilizzo mirato delle musiche (qui sono esclusivamente diegetiche o, al massimo, canzoni cantate dai personaggi durante lo svolgimento dell'azione); degli intrecci irrisolti fra i protagonisti e così via. In Alto basso fragile le regole si confermano in pieno e - purtroppo - si verifica parimenti la stessa propensione allo sbracamento della trama e del ritmo che in Rivette facilmente si riconosce: in fondo è pur sempre lo stesso autore di Out 1, film del 1971 della modica durata di dodici ore circa. Due ore e tre quarti di lunghezza sono tante, troppe, e il rischio che la noia prevalga sulla curiosità è forte; peccato, perchè i quadretti di disordinata vita ordinaria che Rivette sa dipingere sono come sempre suggestivi. Ad aiutarlo in sceneggiatura ci sono altre conferme, nomi usuali come quelli di Pascal Bonitzer, Christine Laurent e così pure troviamo il trio di protagoniste (altra abitudine del regista, quella di collaborare con i suoi attori anche in fase di stesura del testo): Natalie Richard (già comparsa, per Rivette, in Una recita a quattro e Giovanna D'Arco), Marianne Denicourt (vista nella Bella scontrosa) e Laurence Cote (Una recita a quattro). L'esplicita particolarità di Alto basso fragile sta proprio in questo sfiorarsi senza mai toccarsi che vivono le traiettorie delle tre protagoniste; tant'è che il finale rimane doverosamente in sospeso, non essendo in grado e neppure volendo Rivette fornirci qualche spiegazione o chiave di lettura. D'altronde, in un richiamo alla circolarità dell'esistenza, anche l'inizio stesso del film ci catapulta all'interno delle storie senza fornirci alcun dettaglio sulle situazioni osservate. In quest'ottica è piuttosto significativa la figura del detective che, incaricato di seguire una delle tre ragazze, finisce per innamorarsene sinceramente e dichiararsi a lei: come non vedere in tale figura una metafora del percorso creativo del regista, che in un certo senso pedina le tre ragazze per tutta la pellicola, per scoprirsi a un certo punto 'innamorato' dei suoi personaggi, tanto da abbandonare ogni curiosità risolutiva dell'intreccio? 6/10.
Tre ragazze a Parigi, le cui vite si sfiorano senza toccarsi mai: una è appena uscita da 5 anni di coma; un'altra è una fattorina ladruncola con la passione del ballo e la terza è una bibliotecaria alla ricerca della madre.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta