Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Una poesia forse non ci salverà dai problemi della vita (che spesso sono tanti e alcuni anche insormontabili), ma almeno ci può permettere di trovare un appiglio nelle piccole cose belle che la stessa ci regala, vedendo ciò che ci circonda da un’altra prospettiva.
Mija (Yun Jeong-hie) è un’anziana che faticosamente mantiene il nipote lasciatole in affidamento dalla figlia, lavorando come badante.
La vita, che già di suo non le è favorevole, si complica ulteriormente quando la sua memoria comincia a vacillare pericolosamente ed il nipote è accusato di aver indotto, insieme ai suoi amici, una ragazzina al suicidio.
Ma poi comincia a frequentare un corso di poesia che le permette, anche nel suo quotidiano sempre più ostico, di ricercare la bellezza e scampoli di liberatoria felicità.
“Poetry” è un film fuori dal tempo e che ci arriva da lontano, caratterizzato da una rara sensibilità e da un tocco che, pur non trovando sempre massime espressioni, riesce anche a sugellare alcuni frangenti con una delicatezza e tatto fuori dal comune.
E’ soprattutto una sceneggiatura prelibata un notevole punto di forza (ed infatti è stata premiata a Cannes nel 2010), così come lo è la magnetica protagonista che torna con questo ruolo come meglio non avrebbe potuto all’attività di attrice dopo 16 anni di assenza e ben 189 pellicole alle spalle.
Sono tanti i temi e gli aspetti che emergono, il gusto ed il piacere di apprezzare le piccole cose che la natura ci regala, l’assenza e l’inconsistenza delle nuove generazioni, il potere del denaro che viene usato, senza essere accompagnato da alcun senso di colpa, per rimettere a posto situazioni insanabili e la saggezza, ma anche la forza, che può emergere nei momenti più difficili, quelli che potrebbero togliere ogni desiderio di combattere portando allo sconforto più assoluto.
Tutto questo per due ore che scorrono tra piccoli gesti e terribili verità, un mix che ammalia e trascina come il fiume che scorre appena fuori alla città e che compare sia all’inizio (quando trasporta un cadavere ancora sconosciuto) ed il finale.
Difficilmente capita di vedere film in cui sentimenti così distanti (tra quelli alti e quelli oltremodo negativi) si dividono la scena, per cui seppur con qualche secondario distinguo (come ad esempio alcuni frangenti un po’ troppo dilatati) questa rimane un’opera assolutamente pregevole e da assaporare senza compromessi.
Da vedere lasciandosi andare (o trascinare).
Buona mano, sa rendere molto bene la sensibilità orientale così lontana dalle nostre corde da risultare decisamente affascinante.
Rende al meglio un personaggio scritto in maniera ottimale.
Molto brava.
Il suo ruolo non richiede grandi sforzi.
Adeguato.
Personaggio da prendere a schiaffi, ma lui è bravo a renderlo al meglio
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