Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
I meriti del film (una protagonista assolutamente inusuale, la denuncia dell'ipocrisia della società sudcoreana, un crimine che resta sullo sfondo) si scontrano con un "poeticismo", enunciato fin dal titolo e perseguito con fin eccessiva pervicacia, anche in qualche dialogo letterario di troppo, oltre che con il riferimento al corso di poesia. Poetry è, comunque, un valido romanzo di formazione di una donna anziana e malata, che impara la poesia dalla vita, più che dai vari corsi di scrittura creativa. Ma si può insegnare la poesia? E si può insegnare la poesia, invitando gli allievi a guardare una mela? O non conviene forse pensare che il padre di tutti i poeti (Omero), che cantò di battaglie e di avventure umanamente impossibili, è sempre stato tramandato come cieco?
Nel panorama del cinema sudcoreano attuale, preferisco altri stili registici, non ultima la crudezza non conciliante di Bong Joon-ho, capace, con altri mezzi, di creare vera poesia cinematografica.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta