Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film
Lee Chang-dong e la sua protagonista, la leggiadra Yun Jeong-hie, seguono un percorso intimo, solitario (come la stessa Mija, donna "disadattata" nel modo di "vivere" della società intorno a lei) alla ricerca di un senso della vita e della morte, che è un non-senso dal punto di vista razionale, è inconoscibile o, meglio, si conosce e si scopre nel tempo e parzialmente, mai completamente. Il senso si può solo cogliere, scorgere, intuire per mezzo della poesia, cioè delle arti, della sensibilità verso cose ideali e concrete, verso ciò che alla "norma" sembra banale e alla routine sfugge perché distratta, amorfa, impotente. Ciò che sembra comune, la realtà e il modo di sopravvivere, nasconde in sé - se non guardato, capito, avvertito, pensato - gli stimoli per la ricerca di azioni insensate, indegne, prive appunto di ragione, ma uno sguardo soffermato, un attimo di riflessione, una considerazione della relazione tra l'io e l'altro, tra le comunanze degli esseri animati e inanimati, una serie di frammenti, di appunti, di percezioni sensoriali e interiori, potrebbero smuovere l'immobilità, deviare un circolo vizioso, ma la visione paradossalmente isola in un mondo di ciechi di se stessi, inermi pavidi dello sconquasso.
La poesia, parte fondamentale della vita dell'uomo e che vince (ma in continua guerra) anche sull'orrore servendosene, scaturisce alla fine dopo frammenti ed esperienze e va còlta nell'apparente banalità. 8
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