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Carancho

Regia di Pablo Trapero vedi scheda film

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La recensione su Carancho

di Peppe Comune
7 stelle

Sosa (Ricardo Darin) è un avvocato a cui è stata ritirata la licenza e che lavora per una sorta di “fondazione benemerita” che cerca di fare lauti guadagni all’interno del vasto mercato delle assicurazioni. Lujan (Martina Gusman), invece, è un medico che fa servizio di notte sulle autoambulanze. I due si incontrano in una corsia d’ospedale in occasione di uno dei tanti incidenti stradali che costellano le strade d’Argentina. Da questa conoscenza nascerà del tenero tra Sosa e Lujan e le sorti per le rispettive esistenze conosceranno degli sviluppi inaspettati.

 

 

“Carancho” dell’argentino Pablo Trapero si concentra su un importante dramma sociale che riguarda l’Argentina qual è quello degli innumerevoli e tragici incidenti stradali (si calcola che ne avvengono in media almeno ventidue al giorno, per un totale di centomila morti negli ultimi dieci anni e un numero imprecisato di feriti), per gettare uno sguardo lucido sulle pericolose disfunzioni istituzionali che percorrono in lungo e in largo il paese e che vedono tacitamente alleati , compagnie assicurative, operatori ospedalieri, forze dell’ordine, avvocati “avvoltoi” che si aggirano rapaci tra le corsie degli ospedali e povera gente che, per guadagnare qualche soldo, si rende disponibile e reggere i loro giochi truffaldini. Alleanza che fa perno sull’attività utilitaristica di sedicenti fondazioni di mutuo soccorso che, nate con lo scopo di fornire assistenza legale alle vittime della strada, finiscono per interessarsi esclusivamente a come truffare le compiacenti compagnie assicurative e a come pilotare le ingenti somme che riescono a riscuotere in modo da fare arrivare solo una parte irrisoria nelle tasche di chi ne avrebbero più diritto in quanto vittima reale di questo sporco gioco al massacro. Un gioco assai sporco quindi, che fa leva sulla disperazione di poveri cristi che, trovandosi nella necessità contingente di avere dei soldi a disposizione, non solo si accontentano di quanto viene loro offerto senza fare troppe obiezioni, ma finiscono anche per ringraziarli questi avvocati avvoltoi, perché sanno che senza la loro opera di mediazione sarebbero rimaste solo delle vittime inascoltate. Ma il film non è soltanto la documentata esposizione di un aspetto importante che ci da sufficienti notizie sul grado di disfunzione morale che serpeggia nel paese, ma anche la sofferta storia d’amore tra Sosa e Lujan, una storia che nasce e cresce nel ventre molle di una sciagura nazionale che prima li vede muoversi sulle parti opposte della barricata e che poi si delinea con una tale complicità esistenziale da conferire all’intera struttura del film i tratti tipici di un noir sentimentale  : con la riscoperta dell’amore che fa rinascere la voglia di riscatto e di ricominciare tutto dall’inizio da un lato, e la necessità di dover chiudere definitivamente i conti col passato con un ultimo colpo risolutivo dall’altro. Sosa e Lujan vivono entrambi sullo sfondo della notte, sembrano emanare un odore di ruggine e sangue tanto è totale il modo in cui Pablo Trapero ne proietta gli stati emotivi che scaturiscono dal lavoro che fanno : procacciare clienti muovendosi ai margini di auto ridotte in rottami e le corsie d’ospedale dove alberga la disperazione di chi attende notizie sulla sorte dei propri cari lui (come i Carancho appunto,una specie di avvoltoio che staziona sempre ai margini delle strade) , cercare di portare tempestivamente soccorso a corpi sventrati dalle lamiere lei. Nulla ci viene rivelato del passato delle loro vite (non veniamo a sapere,ne perchè Sosa ha perso la licenza e neanche perché è sotto ricatto, mentre la tossicodipendenza di Lujan ci viene presentata così all’improvviso che è come se fosse data per scontata), come se a dover rimanere centrale nell’economia della storia fosse solo quel dramma sociale che finisce per coinvolgere tutto e tutti, incluso l’amore giovane tra Sosa e Lujan, un amore che vorrebbe ambire al massimo del coinvolgimento possibile ma che riesce ad esprimersi solo attraverso la sincera tenerezza di tanti piccoli gesti (la complice sospensione dei guai che li coinvolgono, un pranzo frugale preparato insieme, soccorsi sospirati, innocenti bugie), che vorrebbe fuggirsene via ma che finisce per rimanere stritolato dagli stessi moventi che hanno contribuito a produrlo. Ottime le interpretazione dei due protagonisti, e se ormai non sorprende più la capacità di Ricardo Darin di calarsi nel ruolo che gli viene richiesto, sorprendente mi è parsa la varietà di carattere dimostrata da Martina Gusman, che parte con l’essere la “classica” giovane laureata imbevuta di cieco idealismo e intransigente verso ogni sgarbo alla legalità e finiscere con l’assumere una personalità che va via via facendosi sempre più complessa e sfuggente.

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