Regia di Ki-young Kim vedi scheda film
Una cameriera arriva all'interno di un'apparentemente unita famiglia della media borghesia in crescita e ne sconvolge gli equilibri.
Classicone del cinema coreano, si rivela un thrilling con venature horror costantemente in equilibrio tra il cinema autoriale e il trash (con brusca sterzata verso il secondo nell’accomodante e sessista chiosa finale).
Il personaggio della cameriera è il punto di forza del film, figura al limite del minorato mentale e non particolarmente attraente, ma dominata dai propri sensi al punto di somigliare più ad un animale che ad un essere umano (anche nelle movenze, un misto tra un felino e un insetto). E proprio per questa sua caratteristica riesce a far crollare l’apparente moralità del personaggio maschile, che respinge avances di sue alunne ben più piacenti, ma che si abbandona in un attimo agli approcci bestiali della cameriera, diventando ben presto un burattino inerme, incapace di prendere qualunque decisione ed in costante balia degli eventi.
Ad ammorbare ulteriormente la situazione morale un discorso sul denaro che prende spesso il sopravvento sui (deboli) valori della famiglia (esemplare in questo la facilità con la quale superano l’omicidio indiretto da parte della cameriera del (per altro odioso) figlio primogenito (un all’epoca ottenne Ahn Sung-ki) in nome dei diritti acquisiti).
Un film ambiguo (sessista come l’ammiccamento del protagonista maschile nel finale farebbe supporre? O è l’uomo il sesso debole, come le sue (non)azioni testimonierebbero?), imperfetto, ma sicuramente affascinante in più punti.
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