Regia di Michelangelo Frammartino vedi scheda film
Doveva esserci una frase di Pitagora, alla fine, per spiegare che ciò che l’occhio del film segue è il movimento della vita su questo pianeta: che passa dagli esseri umani alle piante alla terra in una circolazione incessante. Con il produttore, Gregorio Paonessa, l’autore ha deciso di non metterla e ha fatto bene. Non ce n’è bisogno. Anche se non ha praticamente parole, né scritte né parlate, il film racconta questo movimento con la stessa naturalezza con la quale si descrive la successione delle stagioni. In una Calabria che sembra il Canada, verde e maestosa, la morte di un pastore coincide con la nascita di un cucciolo di capra che si perde nella foresta e muore ai piedi di un altissimo abete che verrà tagliato per la festa del paese in cui sarà eretta la cuccagna (lo stesso paese, Alessandria del Carretto, dove nel 1959 De Seta, forse il più grande regista calabrese, realizzò I dimenticati). Il finale del film è una inquadratura che potrebbe essere un’opera di Burri o Kounellis: una superficie di schegge di carbone che è l’ultima trasformazione cui l’anima originaria del pastore è sottoposta (con una certa ironia, sembrerebbe, un sacco di quel carbone viene depositato di fronte alla porta della casa dove l’uomo visse). Il passaggio dal segmento umano a quello animale, con il cambio improvviso dagli occhi a fessura del pastore a quello delle capre, è il più sorprendente. Se Anghelopoulos o Tarkovskij avessero mai girato un remake di Bambi, forse sarebbe venuto così. Tutto il film è, in fondo, filosofia scritta in poesia, come quella di Parmenide che visse al confine con la Calabria. Frammartino, milanese ma calabrese d’adozione e vocazione, già autore di Il dono, sa parlare il cinema in una lingua inaudita e sconosciuta, la lingua presocratica che esisteva prima di Platone, con la sua invenzione metafisica di un altro mondo da quello che c’è, eterno e incorruttibile (idea fotocopiata poi dal pensiero cristiano). Per 86 minuti, fatti di suoni e immagini perfettamente scanditi, possiamo vedere uomini, animali, piante e cose come se facessero parte di un tutto interminabile e sereno, come erano prima del paradiso.
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